Nella notte del 29 gennaio il dipartimento americano al Tesoro, ottemperando a una sezione della legge approvata dal Congresso e firmata da Trump l’estate scorsa, ha diffuso il cosiddetto “Kremlin Report”. Una vera black list di politici, uomini d’affari e di enti parastatali vicini a Vladimir Putin. 210 persone divise tra politici, 114 persone, e “oligarchi”, 96 imprenditori russi, miliardari, già elencati su numerosi periodici finanziari, Forbes su tutti, come amici del Cremlino. Secondo i giornali americani adesso rischierebbero sanzioni, anche se non vengono specificate violazioni di legge Usa.
“Un atto ostile contro la Russia” è la replica di Putin, anche se da più parti all’interno del suo staff giungono richieste di non calcare la mano nella risposta verso l’amministrazione Trump.
Nella lista resa pubblica è specificato il grado di vicinanza al regime, sospetti casi di corruzione, patrimoni di famiglia. Nel mirino l’intero staff dell’amministrazione del presidente – portavoce Dmitrj Peskov compreso, il premier Dmitrj Medvedev, i grandi nomi del settore bancario, i big dell’industria. Un “who’s who” dell’elite di Putin che ha spinto Konstantin Kosachev – presidente della commissione Affari esteri al Parlamento alto moscovita- a ironizzare su Facebook: “Disperati di trovare prove, i servizi segreti americani hanno copiato l’elenco del telefono del Cremlino”.