ROMA – Il Parlamento riunito in seduta comune sta votando per eleggere i quattro giudici della Corte Costituzionale. Quella in corso è la dodicesima tornata elettorale per quanto riguarda la nomina del primo giudice – per il quale serve il via libera dei tre quinti dei parlamentari – e la seconda per gli altri tre membri togati che dovranno essere votati dai due terzi dell’assemblea legislativa.
Ma nell’emiciclo di Montecitorio manca ancora l’accordo definitivo sui nomi. L’unica certezza è Francesco Saverio Marini di Fdi. Da fonti parlamentari si apprende, infatti, che il voto sembrerebbe destinato a restituire l’ennesima fumata nera. Segno che le polemiche delle ultime settimane nate in seno alla maggioranza di governo non si sono esaurite del tutto. A causare l’impasse erano state le polemiche sul ruolo ricoperto da Marini, consigliere di Palazzo Chigi e padre della riforma del premierato. In quel frangente, il muro delle opposizioni – unite nel non voto – e la mancanza di un consenso forte avevano suggerito a Meloni di procedere con prudenza.
A oggi, però, la situazione sembrerebbe essere lievemente cambiata. Soprattutto dentro Forza Italia dove tra i papabili ci sono due nomi di peso: Pierantonio Zanettin – parlamentare azzurro di lungo corso e già membro del Consiglio superiore della Magistratura – e Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia. Tra i papabili in quota maggioranza anche Carlo Deodato, segretario generale della Presidenza del Consiglio.
Valzer dei nomi aperto anche nel Pd con la figura di Anna Finocchiaro non sembra raccogliere voti e di Andrea Pertici, docente e membro della segreteria Pd. Possibile anche la candidatura bipartisan di Roberto Garofoli, ex sottosegretario alla Presidenza con Mario Draghi.
Per provare a superare lo stallo arriva l’invito del presidente uscente della Corte Costituzionale, Augusto Barbera, che nel suo discorso di commiato ha richiamato i parlamentari alla responsabilità. Il giurista italiano – accusato di essere schierato troppo a sinistra – ha esortato il Parlamento “a non tormentarsi sulla scelta dei giudici”, dal momento che “la Corte Costituzionale si basa sul contemperamento e bilanciamento di valori e interessi e nessun valore è tiranno”. Un’esortazione che potrebbe, però, cadere nel vuoto