ROMA – Il 10 ottobre di ogni anno, dal 2007, si celebra la giornata mondiale contro la pena di morte. Nello stesso anno venne votata la prima moratoria, proposta proprio dall’Italia, per sospendere l’applicazione della pena capitale in tutti i Paesi delle Nazioni Unite. A quella votazione aderirono 99 Stati e, ad oggi, i sostenitori della risoluzione sono saliti a 125. I dati, però, non sono positivi. Secondo il rapporto di Amnesty International, nel 2022 sono state registrate 883 condanne eseguite in 20 Stati, il 53% in più del 2021. Numeri che si riflettono anche per il 2023. Solo nei primi otto mesi sono state uccise “legalmente” 538 persone.
Questi aumenti – si legge nel report – sono dipesi dalla ripresa delle esecuzioni in cinque Stati: Afganistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore. In altri Paesi, invece, le condanne sono aumentate. In Arabia Saudita sono state giustiziate 81 persone in un solo giorno, mentre in Iran si registrano oltre 500 condanne in un anno. Negli Stati Uniti i numeri sono nettamente inferiori ma, in 50 anni, almeno 20 condannati sono stati giustiziati e poi riconosciuti innocenti.