Dovrebbero essere sentiti questa mattina dalla Procura di Roma i quattro giornalisti rapiti in Siria e rientrati sabato in Italia. Amedeo Ricucci, Susan Dabbous, Andrea Vignali ed Elio Colavolpe saranno ascoltati dal procuratore Francesco Scavo, che aveva aperto un fascicolo all’indomani del rapimento, ipotizzando il reato di sequestro di persona con finalità di terrorismo. Il reporter della Rai e i tre freelance dovranno raccontare cosa è accaduto in quei nove giorni. I quattro erano stati fermati a Nord della Siria, al confine conla Turchiail 4 aprile, mentre erano impieganti nella realizzazione di un reportage intitolato “Silenzio si muore” per “La Storiasiamo Noi”. La troupe doveva rientrate in territorio turco la sera, dopo aver passato l’intera giornata in Siria per girare il documentario, esperimento di giornalismo partecipativo, che prevedeva un collegamento con la scuola di San Lazzaro di Savena, a Bologna, per far interagire i ragazzi con i professionisti. Ma nel pomeriggio del 4 aprile, all’ora del collegamento, i cellulari Gsm e satellitari dei giornalisti sono risultati irraggiungibili. La mattina dopo si viene a sapere, da fonti giornalistiche siriane e internazionali, che i quattro giornalisti si trovano nel villaggio di Yaqubiya, e nord di Idlib, in stato di fermo, probabilmente da parte di miliziani fondamentalisti. I reporter sarebbero stati fermati per aver ripreso postazioni militari sensibili. Vengono liberati sabato sera e subito rimpatriati in Italia con un Falcon, atterrato all’Aeroporto Militare di Ciampino intorno alle 22. Ricucci e gli altri giornalisti raccontano di essere stati trattai bene e di non aver subito nessun tipo di violenza. “Ci avevano preso per spie- spiega Ricucci- volevano controllare quello che avevamo girato e temevano che avessimo filmato la loro base logistica”, ma “ci hanno messo un sacco di tempo”.Ora saranno gli inquirenti a chiarire l’intera dinamica dei fatti.
Francesca Ascoli