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Giornalismo e diffamazione, per Grasso il Senato «deve modificare» la legge in discussione

di Alessandro Testa04 Luglio 2015
04 Luglio 2015
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Il presidente del Senato, Pietro Grasso

Il presidente del Senato, Pietro Grasso, auspica che Palazzo Madama corregga alcuni punti della legge che rivede la norme sulla diffamazione a mezzo stampa, approvata in prima lettura dalla Camera. Lo ha affermato al convegno “Proteggere i giornalisti, conoscere le verità scomode”, organizzato dall’osservatorio Ossigeno per l’informazione. Per la seconda carica della Repubblica, il disegno di legge sulla diffamazione «intende essere un passo – non il primo ma neppure l’ultimo – nell’elaborazione di norme che sappiano dotare il nostro Paese di strumenti efficaci per rispondere alle sfide contemporanee e future».

“Stampa indipendente”. «In Italia abbiamo troppo spesso sottovalutato le intimidazioni agli operatori dell’informazione – ha detto nel suo intervento il presidente del Senato – nei miei tantissimi anni di magistratura ho avuto modo di confrontarmi molto spesso con storie di intimidazioni e ho maturato la convinzione che una stampa libera, indipendente e corretta sia un primo, insostituibile e formidabile antidoto all’affermazione della cultura dell’illegalità». Commentando i dati forniti da Ossigeno, l’ex procuratore nazionale Antimafia ha affermato che «Se a ciascun giornalista si chiede di essere libero e di assolvere un così alto compito per la vita democratica di un Paese civile si deve, allo stesso tempo, assicurargli in qualunque circostanza la possibilità di poterlo essere completamente: se ne stiamo ancora parlando, a così tanti anni dai primi giornalisti uccisi dalla criminalità, è perché ancora non siamo stati capaci di trovare soluzioni adeguate».

Un codice per Libera. Al termine del suo intervento Grasso ha donato a don Luigi Ciotti, fondatore e presidente dell’associazione antimafia Libera, il codice di procedura penale che lo ha «assistito durante il maxiprocesso alla mafia», nella seconda metà degli anni Ottanta. Il prezioso cimelio, autenticato dallo stesso presidente del Senato, sarà messo all’asta e il suo ricavato servirà per finanziare cooperative di giovani che intendono mettere a frutto le terre sequestrate ai mafiosi. Ringraziando, don Ciotti ha ricordato l’unico precedente specifico: il codice penale appartenuto al generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso a Palermo nel 1982, donato alcuni anni fa da suo figlio Nando.

Don Ciotti. «Proteggere i giornalisti significa proteggere la democrazia», ha aggiunto il fondatore di Libera, ma non tutti fanno onore al loro mestiere: non l’hanno fatto i giornalisti di Casal di Principe che nel 1994, su un giornale «a libro paga della Camorra», infangarono la memoria di don Giuseppe Diana, scrivendo che dietro il suo assassinio si celava «una storia di donne». E non lo hanno fatto due mesi fa i giornalisti di Trapani, «che non hanno scritto una riga sulle 1.200 persone scese in piazza per ricordare il prefetto Sodano: un uomo giusto, rimosso dal suo incarico perché si era messo di traverso a un politico locale, e poi morto di malattia». In questi giorni all’Expo – ha detto ancora il sacerdote antimafia – ci sono stand di paesi che tengono giornalisti in carcere da anni. Qui in Italia non accade, ma abbiamo troppi «cittadini a intermittenza, che si commuovono quando accade qualcosa di eclatante, ma poi non si muovono». Un’informazione libera – ha concluso don Ciotti – serve a cercare la verità: quella verità che purtroppo «non è mai citata nella Costituzione e che stiamo ancora aspettando per tutte le stragi avvenute nel nostro paese e per il 75% delle vittime della mafia».

Ossigeno e l’Ordine. Elaborata e ricca di dati, come sempre, la relazione di Alberto Spampinato, fondatore di Ossigeno, che ha ricordato i 2.300 casi di intimidazioni ricostruiti tra il 2006 e il 2014, «diffusi non solo al Sud, ma in tutte le regioni: lo scorso anno solo la piccola Val d’Aosta è infatti rimasta immune». Spampinato ha poi lanciato l’allarme per le nuove norme in discussione in Parlamento, che in materia di diffamazione e risarcimenti parificherebbero le piccole testate online ai grandi editori: «Se sarà approvata con il testo attuale – ha detto – molte realtà si troveranno in forte difficoltà, a cominciare da Ossigeno (il cui sito internet pubblica una piccola scheda dettagliata per ogni caso, ndr), che chiuderà il giorno dopo».

Gli ha dato manforte, in modo ironico, anche il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, che ha lodato il proposito del Parlamento di eliminare la possibilità che i giornalisti possano essere condannati al carcere, ma allo stesso tempo ha criticato duramente la sostituzione della detenzione con una pena pecuniaria compresa tra i 5 e i 10mila euro, «con una sanzione minima – ha detto Iacopino – superiore alla remunerazione massima che i grandi editori offrono ai loro collaboratori esterni», mentre i mafiosi che commetteranno intimidazioni se la caveranno con una sanzione di 10mila euro.

Al convegno ha inviato un messaggio il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, mentre sono intervenuti anche il senatore-giornalista Sergio Zavoli, il vicepresidente della commissione Antimafia, Claudio Fava (Sel), la rappresentante dell’Osce, Ulrike Schmidt, il segretario generale della federazione nazionale della Stampa, Raffaele Lorusso, e i giornalisti stranieri William Horsley (Regno Unito), Radomir Licina (Serbia) e Lutz Mukke (Germania), a nome del “Centro europeo per la libertà della stampa e dei media”, che ha sede a Lipsia.

Alessandro Testa

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