Il Giappone non potrà più continuare a pescare balene. Lo ha disposto all’Aja, la Corte Internazionale di Giustizia sospendendo la pesca dei cetacei. La caccia è “è illegale” e non ha “fini scientifici” quindi ne ha ordinato la sospensione. La Corte ha così risolto il problema sollevato nel 2010 dall’Australia, poi dalla Nuova Zelanda, che aveva portato il Giappone in giudizio chiedendo una motivazione valida sulla caccia alle balene ritenendola “mera attività commerciale, in violazione delle convenzioni internazionali e dell’obbligo a preservare i mammiferi marini e l’ambiente marino”.
Con “rammarico e delusione”, Tokyo si adegua riconoscendo “grande importanza all’ordinamento giuridico internazionale e allo Stato di diritto come fondamento della comunità internazionale”. Il Giappone dovrà ritirare le sue flotte già pronte per la caccia di quest’anno, dopo che dal 1986 al 2013 ha ucciso più di 14.000 balene.
Gi animalisti esultano definendo la sentenza “storica”. Come tutti i pesci di grossa pezzatura, infatti, anche la balena accumula nel suo corpo, tutti i veleni che oggi si trovano nel mare, in particolare i metalli pesanti.
Secondo uno studio del Journal of Environmental Science and Technology l’inquinamento marino è solo peggiorato e la presenza di metalli pesanti nei cetacei – come nelle carni di molti altri pesci – non ha fatto che aumentare.
Anche il Wwf internazionale ha espresso il suo parere favorevole
affermando che questo stop da parte dell’ Aja consentirà di “proteggere le balene nell’Oceano Antartico e di mantenere in salute le balene in tutto il mondo”.
Carlotta Dessì