Il due volte presidente del Consiglio Giuliano Amato (nella foto) è stato autore di un lungo commento polemico nei confronti dell’attuale capitalismo finanziario e del suo influsso negativo nell’economia reale: l’occasione è stata l’iniziativa “Quale futuro per la nostra società? Economia e solidarietà” organizzato dal “Cortile dei Gentili” al MAXXI di Roma. Al convegno hanno partecipato illustri economisti quali il professore di Storia Economica Leonardo Becchetti dell’Università di Tor Vergata, il docente di finanza etica Michele Calcaterra dell’Università Bocconi, e la professoressa Vera Negri Zamagni dell’Università di Bologna.
Amato ha sottolineato l’importanza della finanza nell’economia, a patto che essa ritorni a sostenere imprenditori e produttività e che non sia utilizzata in modo speculativo come avvenuto negli ultimi decenni: “Prima le banche avevano una funzione socialmente più accentuata, era più difficile e complicato prestare al di fuori del circolo produttivo, fin quando, un bel giorno, qualcuno si rese conto che far soldi con i soldi era molto più facile che farli producendo” aggiungendo che “naturalmente, questo modus operandi non poteva andare avanti per molto, ed ecco che, con la crisi del 2007, abbiamo visto il castello di carta crollare miseramente”.
Sulla stessa linea gli interventi degli altri esperti, in un clima generalmente favorevole al ruolo originale della finanza, come tutte le cose “di per sé è cosa buona, giusta e fondamentale, ma che deve tornare alla funzione originale, legata all’economia reale e ai soldi necessari per produrre cose concrete” ha sottolineato il professor Michele Calcaterra.
Più “filosofico-storica” la visione della dottoressa Zamagni, che ricorda la Rivoluzione Industriale e l’implicito limite che potrebbe aver raggiunto il sistema capitalista nato in quel contesto ed arrivato fino ai giorni nostri: “Oltre due secoli fa l’umanità veniva da modelli economici di sussistenza, il capitalismo ha portato la giustissima innovazione secondo la quale produrre equivale a un benessere materiale di cui hanno goduto sempre più persone. Il limite di questa impostazione è che non ha più avuto freni, si è interessata della materia e ha tralasciato il fatto che l’uomo non è solo abilitato al lavoro ma anche allo spirito. Magari in futuro potremmo interessarci non solo di produrre più scarpe, ma più beni culturali e istruzione”.
Il generale clima della mattinata si è poi incentrato sui limiti del capitalismo come sistema attuato senza nessun freno e sulla necessità di riportare un po’ di interventismo statale nell’economia. In tal senso è stata la parola del professor Becchetti, con qualche riserva rispetto alle idee più “nazionalizzatrici”: “C’è chi dice che la soluzione potrebbe essere quella di rendere pubbliche alcune banche. Non mi trova concorde, ma indubbiamente un ruolo sociale degli istituti di credito è una priorità dell’attuale fase economica”.
Stelio Fergola