La guerra in Ucraina minaccia le forniture di gas all’Unione europea. Anche se Gazprom fa sapere che al momento “il transito attraverso il territorio ucraino prosegue regolarmente a 109,5 milioni di metri cubi al giorno”, la paura che da un momento all’altro Mosca possa chiudere i rubinetti cresce giorno dopo giorno. Per fronteggiare questo rischio, sabato scorso il presidente Usa, Joe Biden e la presidente della Commissione Ue, Ursula von del Leyen, hanno annunciato che l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo per aumentare considerevolmente le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) al fine di ridurre la dipendenza dal gas russo.
Nel piano si prevede l’importazione dagli Stati Uniti di 15 miliardi di metri cubi di Gnl per tutto il 2022, destinati a salire a 50 miliardi di metri cubi entro il 2030, un quantitativo equivalente a un terzo degli attuali flussi di gas dalla Russia. Nel testo dell’intesa si parla di forniture di Gnl la cui formula del prezzo “dovrebbe tenere in considerazione l’indice Henry Hub”, cioè il riferimento di mercato Usa per i prezzi del metano, tradizionalmente più basso rispetto all’equivalente europeo, il Title Transfer Facility (Ttf), indice di Borsa nel mercato olandese.
Intanto l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, intervenuto oggi in un panel a Dubai, ha sostenuto che “l’Europa dovrebbe guardare all’Africa per più forniture di gas”. E rispondendo alla richiesta di Mosca di pagare il gas russo in rubli a partire dal prossimo 31 marzo ha fatto sapere che “Eni non pagherà il gas russo in rubli perché i contratti prevedono il pagamento del carburante in euro”. Putin, nel frattempo, ha incaricato Gazprom, il Consiglio dei ministri e la Banca centrale russi di attuare misure per modificare la valuta di pagamento ai Paesi dell’Unione europea e a tutti coloro che hanno imposto sanzioni contro Mosca.