In ritardo e fuori budget. È questa la situazione con cui Galileo, il piano dell’ Esa per dotare l’ Europa di un proprio sistema di navigazione satellitare, si presenta questi giorni a Bruxelles, dove verrà discusso il bilancio per i prossimi sette anni, dal 2014 al 2020. E tra le voci in esame rientrano anche i progetti spaziali, e quindi Galileo, che – a dispetto del lancio dei primi due satelliti nell’ottobre del 2011, e quindi quello di altri due un anno dopo – si trova ancora in una fase di validazione e, almeno secondo programma, dovrebbe diventare operativo solo nella metà della decade in corso (la costellazione completa dovrebbe contare invece trenta satelliti). Ma come scrive il New York Times, per il progetto si presentano tempi duri.
I soldi sono stati già spesi. “E’ come un’automobile che si muove su un’autostrada – sarebbe difficile fermarla”, spiega Lucio Magliozzi di Telespazio, la società italo-francese che si occupa di gestire il centro di controllo di Fucino, da cui vengono rivelati i segnali dei satelliti della costellazione. E infatti, secondo le indiscrezioni, il budget proposto per proseguire i lavori sarà di otto miliardi di dollari (quattro invece quelli già spesi). Perché, spiegano i loro sostenitori, Galileo rappresenta l’opportunità di liberarsi economicamente e tecnologicamente dagli Usa (che gestiscono il Global Positioning System, e quindi la navigazione satellitare per macchine, aerei e navi), come spiega anche Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione Europea e responsabile per i progetti spaziali: “ Lo Spazio ha un’importanza strategica per l’indipendenza dell’Europa, per l’occupazione e per la competitività”.
Un futuro prossimo. Ma in condizioni di austerità e crisi economica, come quella che sta attraversando l’Europa, Galileo – finanziato quasi interamente dall’Unione dal 2007 -, in quanto progetto di ricerca, rischia di farne le spese. Ma non solo. Anche Copernico (prima noto come Global Monitoring for Environment and Security, Gems), il sistema di osservazione satellitare della Terra, rischia di venire intaccato dal prossimo bilancio, anche perché ritenuto inutile da alcuni. A dominare il tavolo delle discussioni infatti potrebbero essere i sussidi all’agricoltura e i fondi di coesione per i paesi più poveri, prima della ricerca.
A minare il destino di Galileo, comunque, non sarebbe solo la sfida del budget, ma anche la sua storia passata. Il progetto all’inizio è stato ostacolato dagli Usa, intimoriti che un sistema europeo di navigazione satellitare potesse interferire con quello americano, e convinti che si trattasse solo di un modo per spendere miliardi di dollari per costruire qualcosa che già esisteva e funzionava; e poi i disaccordi interni nella Ue, quindi i ritardi, un budget che si gonfiava sempre di più e l’incertezza sui guadagni, una volta pronto.
Oggi però Galileo non è più visto solo come una bandiera per l’indipendenza dagli Usa, come la versione europea del Gps, ma come una sua estensione, di utilità globale. E la cui utilità va oltre macchine e aerei. La maggior precisione promessa dal progetto potrebbe, per esempio, in prospettiva, essere sfruttata anche per sviluppare sistemi che siano in grado di aiutare i non vedenti.
Lorenzo Caroselli