Sono stati condannati a tre anni e sei mesi di carcere dal Tribunale di Torino i due genitori egiziani accusati di violenza contro le figlie. Le ragazzine, tra i 10 e 18 anni all’epoca dei fatti, vivono ora in una comunità e dovranno ricevere diecimila euro ciascuna come risarcimento danni.
Sarebbero state sottoposte ad atti di inaudita violenza: frustate con fili elettrici sulle mani e sui piedi, legate alle sedie, costrette a frequentare la scuola araba e a indossare il velo islamico. «Aspetto le motivazioni della sentenza e poi ricorrerò in appello – dice Guido Savio, difensore dei due genitori egiziani –. Si tratta di una vicenda che si è svolta in un contesto di assoluta povertà e disagio».
«Nella mia lunga carriera ho affrontato pochi casi così gravi – aveva spiegato in aula il magistrato –. I genitori hanno sempre rigettato ogni accusa e non hanno mai chiesto scusa, non si sono mai fermati a riflettere sui loro errori. Non hanno capito il danno che hanno fatto alle loro figlie, oggi psicologicamente distrutte».
A parlare delle vicende era stata una delle figlie, che si era confidata con un’insegnante: «Piuttosto che tornare a casa mi uccido». Il pm Dionigi Tibone aveva chiesto cinque anni di reclusione per il padre e tre anni e sei mesi per la madre, che non si era mai opposta alle violenze. Anzi sarebbe stata solita riferire le “malefatte” delle figlie al marito.