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Franca Rame: una vita straordinaria per difendere la libera informazione

di Lorenzo Caroselli30 Maggio 2013
30 Maggio 2013

Franca Rame era nata attrice, la sua era una famiglia di teatranti girovaghi, calcò le scene, si fa per dire, quando era ancora infante. Negli anni Cinquanta fu scritturata nella compagnia di Tino Scotti per lo spettacolo Ghe pensi mi di Marcello Marchesi.
La ricorda così chi da questa mattina ha visitato la camera ardente allestita al Piccolo Teatro di Milano.
La svolta della sua vita avvenne nel 1954 quando sposò – nella basilica di Sant’Ambrogio, a Milano – Dario Fo, acclamato giullare che con la patetica figura del «poer nano» aveva conquistato le platee. Poteva essere un sodalizio artistico, e lo fu. Ma la miscela di quei due caratteri produsse una deflagrazione politica alimentata poi dalle ribellioni, dalle utopie, dalle insensatezze del ’68. La normalità era borghese, stantia e reazionaria: anche nello spettacolo. Non più le recite delle compagnie di giro, ma i collettivi, le comuni, i misteri buffi nelle fabbriche e nelle scuole occupate. La coppia Fo-Rame si fece paladina della controinformazione, bollò come adulterato ciò che la stampa pubblicava e la trasmissione trasmetteva. I messaggi di stampa e televisione erano menzogna, ciò che la polizia faceva era infallibilmente orrido. È difficile dire quale fosse in concreto l’apporto di ciascuno dei due al lavoro di coppia. Di sicuro Franca non era una comprimaria. Sembra certo che dei due fosse lei la più veemente nel volere inni all’anticlericalismo d’una sinistra radicale. La commedia irrompeva nell’attualità più cupa, con Morte accidentale di un anarchico veniva proclamata la colpevolezza, per la morte di Pinelli, del commissario Calabresi: poi «giustiziato» da chi non sopportava di vederlo, dopo i suoi crimini, in vita. Fo-Rame s’inserirono anche in Tangentopoli con la pièce Settimo ruba un po’ meno.

Il Premio al marito. Il Nobel a Dario Fo – imprevedibile e, secondo tanti, contestabile – andava attribuito anche a lei, «compagna» in tutti i sensi, quello familiare e quello di nomenclature d’un tempo. Al teatro di Franca Rame alcuni delinquenti reagirono con il suo rapimento e con il suo stupro. Avvenne nel 1973, e solo cinque anni dopo la Rame ne parlò, in scena. Anche questo turpe episodio rafforzò il femminismo al quale si era sempre dedicata.

Il cambio di rotta. Da irregolare che era sempre stata, vantandosene, Franca Rame divenne regolare, ossia associata ai rituali, ai compromessi, alle ipocrisie contro le quali aveva tuonato, nelle elezioni del 2006. Fu candidata a un seggio senatoriale dell’Italia dei valori in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Umbria. Venne eletta in Piemonte, ed ebbe come bersaglio di politica internazionale il Presidente americano George W. Bush. Agli Usa aveva sempre addebitato ogni efferatezza. Qualcuno arricciava il naso per la sua militanza nel partito di un Antonio Di Pietro, simile all’immagine del questurino più che a quella del rivoluzionario e lei, per giustificarsi, diceva «siamo in guerra». Si mostrò tuttavia fedele ai suoi principi quando nel 2008 lasciò Palazzo Madama spiegando che «le istituzioni mi sono sembrate refrattarie a ogni sguardo, proposta, sollecitazione».

Fo e Rame avevano scritto insieme un libro autobiografico, Una vita all’improvviso. Riportarono in scena Mistero buffo nel marzo del 2012. Un mese dopo un ictus folgorò Franca.Con la sua bellezza e con la sua bravura poteva avere una vita facile e sontuosa. Ha scelto una strada molto diversa. Usò gli strumenti di comunicazione e di libertà che una democrazia come quella italiana le offriva, continuando a scagliarsi contro quella stessa democrazia. Come una combattente. Domani si svolgeranno i funerali.

Lorenzo Caroselli

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