La Bussola strategica è un documento che delinea la politica estera e militare dell’Unione europea. Non sarà una dichiarazione di intenti pura e semplice ma un documento che, una volta approvato dagli Stati membri, legherà gli stessi Stati all’osservanza di precisi obblighi. Lumsanews ha intervistato, Susanna Fortunato, docente di Diritto dell’Unione europea dell’Università Lumsa di Roma, per capire come cambierà la difesa europea.
La Bussola strategica verrà presumibilmente approvata la prossima settimana.
“Si parla di questo documento dal 2019, ma l’Unione europea non gli sta dando visibilità. Sono usciti dei comunicati stampa dell’Alto rappresentante che rendono nota la sostanza del documento, ma non sono stati diffusi documenti ufficiali. Alcuni giuristi tedeschi hanno fatto richiesta formale di accesso ma senza successo. Un documento strategico come questo secondo me dovrebbe essere diffuso e condiviso con i cittadini e l’opinione pubblica”.
Cosa è emerso finora?
“La Bussola strategica ha assi di intervento precisi. Uno di questi è il rafforzamento della gestione operativa delle crisi attraverso la previsione di una Forza di impatto, cioè di un contingente militare pronto ad intervenire negli scenari di guerra. Altro asse di intervento è costituito dall’aumento della capacità di resistere a minacce o situazioni critiche: in proposito, fondamentale è un’analisi condivisa delle minacce esistenti al fine di individuare le zone di intervento. Altro asse è la capacità di difesa mediante lo sviluppo di una vera e propria base tecnologica di difesa europea”.
E in merito ai partenariati?
“Anche questo è un profilo toccato dalla Bussola. Sicuramente si guarda in primis a quello con la Nato. Di recente molti Stati hanno dato vita a discussioni accese proprio sul ruolo da riservare all’Alleanza atlantica: alcuni sono intenzionati a dare all’Unione maggiore autonomia strategica rispetto alla Nato e agli Usa, mentre altri, in particolare i Paesi dell’Est, tendenzialmente guardano alla Nato come l’unico ombrello efficace di protezione e difesa ”.
Si parla anche di un battaglione europeo.
“Nella Bussola strategica c’è un riferimento a quella che viene definita ‘Forza di impatto’. La dizione ‘battaglione’ evoca più che altro l’esperienza dei c.d. Battlegroup, i gruppi tattici dell’Ue, che già esistono e che, ad avviso degli esponenti delle alte gerarchie militari, non hanno dato risultati positivi”.
Cosa differenzia la Forza di impatto dai Battlegroup?
“La First entry force sarà composta da forze marittime, terrestri e si ipotizza anche l’utilizzo di forze aeree, che invece non sono utilizzate nei Battlegroup. La Forza di impatto è un contingente militare più flessibile e sempre pronto all’intervento rapido, senza passare attraverso le forche caudine amministrative previste, invece, per la costituzione e il comando dei Battlegruop”.
Cosa differenzia la Bussola strategica, in approvazione a fine marzo 2022, dalla Strategica globale del 2016?
La Bussola strategica si distinguerà sicuramente dalla precedente Strategia globale per un elemento in particolare: non sarà una dichiarazione di intenti pura e semplice ma un documento che dovrà essere approvato dagli Stati membri e che quindi lega quegli stessi Stati all’osservanza di precisi obblighi”.
Perché tanta resistenza a giungere a una politica estera comune a livello europeo?
“La Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea è stata sempre fortemente debole e frammentata perché è nata come politica tendenzialmente comune ma sostanzialmente rispettosa dei poteri sovrani nazionali e, in quanto tale, da sempre improntata al cosiddetto Metodo intergovernativo. Una debolezza che la politica estera e di sicurezza comune (Pesc) si porta dietro sin dal Trattato di Maastricht, che l’ha creata e disciplinata”.
È opportuno intervenire sui processi decisionali europei per arrivare a una più concreta politica di difesa comune?
“Il processo decisionale è sicuramente uno dei punti di debolezza più rilevanti della Pesc, che, come ho detto, è nata come cooperazione intergovernativa ed è rimasta tale. In particolare, è la regola generale dell’unanimità per l’adozione delle deliberazioni in seno al Consiglio che crea le maggiori difficoltà. Lo stesso Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha più volte invitato gli Stati membri a modifiche costituzionali dei Trattati che consentano di far scivolare alcune materie dall’unanimità verso la maggioranza qualificata. Ma gli Stati membri rimangono dell’idea che la PESC, e in particolare la PESD (la Politica estera e di difesa comune), debbano costruirsi sulla base del consenso unanime. Altra debolezza nel processo decisionale della PESC è l’esclusione del Parlamento europeo e quindi della componente democratica. Un’esclusione volutamente mantenuta nell’attuale assetto”.
Perché è importante l’European peace facility?
“È il primo strumento che consente sostegno e assistenza per garantire la pace attraverso la creazione di un fondo alimentato dai contributi versati dagli Stati membri. Ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2 Trattato Ue, nessun intervento riferito al settore militare o della difesa può essere a carico del bilancio europeo. L’European peace facility si presenta, quindi, come uno strumento agile e flessibile di intervento. Nella Bussola strategica è uno strumento di cruciale importanza, come dimostrato, del resto, proprio di recente dalla decisione del Consiglio del 22 febbraio 2022, che lo ha utilizzato per fornire misure di assistenza per la fornitura alle forze armate ucraine di materiale e piattaforme militari, comprese per la prima volta armi letali, con uno stanziamento di fondi che sfiora i 500 milioni di euro”.