Sanzioni per i contributi evasi da oltre 155 milioni e circa 20mila rider coinvolti. Per le società del food delivery il business non è mai stato così costoso. È la stima emersa dall’’attività ispettiva della Procura della Repubblica di Milano effettuata a febbraio 2021 sulle principali imprese che gestiscono la consegna del cibo a domicilio. A comunicare i dati il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in una audizione alla Commissione Lavoro del Senato inerente ai lavoratori su piattaforma, rivelando che “c’è un processo di accertamento su altre piattaforme per circa 10mila altri rider coinvolti”. Sarebbero quindi circa 30mila in totale i lavoratori interessati all’attività ispettiva, un numero decisamente superiore alle indagini fatte negli anni precedenti.
A Palazzo Madama Tridico ha riportato i dati di un’indagine sulla gig economy fatta secondo cui i lavoratori con almeno un’esperienza nel settore del delivery nell’anno 2018 erano tra i 600mila e i 750mila. Il 70% degli intervistati dichiarava di fare il rider come impiego secondario, con un lavoro settimanale medio di dieci ore, e durante la pandemia i numeri sono aumentati. Ma il settore, anche se in crescita, non è ancora adeguatamente regolamentato dal punto di vista contrattuale. Come riferito dal presidente Inps, “le società del food delivery in Italia ancora oggi come prassi contrattualizzano i rider principalmente come lavoratori autonomi occasionali sotto i 5mila euro”, non viene quindi scelta la tipologia di lavoro subordinato. Nonostante alcune aziende avessero dichiarato di voler assumere come subordinati i propri rider, a seguito della sentenza di Milano, “ad oggi questo non trova riscontro nei nostri archivi”, ribadisce Tridico.
Lo scorso 9 dicembre la Commissione europea ha presentato un nuovo pacchetto di misure per “migliorare le condizioni dei lavoratori delle piattaforme digitali”, inclusi i rider. I provvedimenti prevedono nuovi criteri per inquadrare i rapporti con i lavoratori, dando la possibilità a quelli non inquadrati correttamente di essere riconosciuti come dipendenti, e di godere di tutti i benefici e i diritti che ne derivano, dal salario minimo alle ferie retribuite, dall’indennità di malattia alla pensione.