Non accennano a placarsi le proteste sul rinnovo del contratto dei giornalisti firmato dalla Federazione nazionale della stampa italiana e dalla Federazione italiana editori giornali. Un presidio di circa 100 giornalisti ha manifestato stamane il dissenso della categoria contro «il sindacato che non rappresenta più nessuno», come recita uno slogan scandito più volte dai partecipanti.
Del medesimo avviso è anche Maria Giovanna Faiella, rappresentante dei lavoratori autonomi nella commissione contratto, che grida allo «sfascio del giornalismo italiano, sempre più un hobby per chi svolge già un altro lavoro». «Questa gente – ci dice, indicando il palazzo della FNSI – deve andare a casa, perché non ci rappresenta». In qualità di componente della Commissione contratto, lamenta lo svilimento e la marginalizzazione di tale organo consultivo che «in pochi anni di vita è stato convocato solo un paio di volte». Nell’ultima di queste riunioni, il 17 aprile, la commissione ha prodotto un documento che controbatteva punto per punto alla relazione del segretario dell’FNSI, Franco Siddi. «Punti critici sull’occupazione e sull’equo compenso che abbiamo evidenziato e che nell’accordo siglato sono rimasti tali» sottolinea con amarezza.
Siddi ha parlato di editori disposti ad assumere ma con un costo del lavoro più basso. Faiella sottolinea come «c’erano già nel vecchio contratto figure flessibili come gli articolo 2 e gli articolo 12». Nel nuovo contratto, invece, «Siddi ha introdotto i co.co.co con cifre bassissime per articolo, 20 euro lordi per un quotidiano, e cifre ancora più basse per il web e le agenzie». Con l’inserimento di un neo-assunto ogni tre prepensionati, ci sarà una fuoriuscita di redattori ordinari perché «agli editori converrà assumere giornalisti a basso costo – 700 euro in meno rispetto al salario normale – e a tempo determinato, che dopo tre anni saranno buttati in strada». L’intesa sull’occupazione «precaria e sottopagata» è come una cambiale firmata in bianco, perché «è stato siglato l’accordo prima ancora di avere un decreto, con in mano solo un protocollo».
Tra i manifestanti, anche giornalisti contrattualizzati e freelance di lungo corso, con 15-20 anni di esperienza alle spalle. Damiano Laterza lavora per Il Sole 24 Ore e ci tiene a sottolineare che la protesta non è ristretta ai soli presenti. «Twitter è uno strumento meraviglioso», ci dice, mostrando sullo smartphone l’hashtag #stopfnsi. «Se rientrerà nei trending topic, si potrà parlare di successo». Sono molti, infatti, i giornalisti che non sono potuti venire dalle altre regioni ma sostengono i manifestanti con la loro presenza su twitter.
La battaglia, è utile sottolinearlo, dovrebbe riguardare anche i cittadini. L’accordo-truffa, come è stato ribattezzato, «mina infatti la libertà e la dignità dei giornalisti, perché li rende precari a vita e timorosi nei confronti dell’editore, che deve rinnovare periodicamente il contratto». «Come si fanno le inchieste in queste condizioni e a 20 euro lordi ad articolo? » si chiede Giovanna Gueci, freelance da 20 anni.
L’“Iniquo compenso” è attaccato anche dall’Unione Nazionale Cronisti Italiani, che definisce le nuove retribuzioni «un salto indietro di 30 anni» con il ritorno «alla vituperata “cifra fissa uguale per tutti”». L’Unci, pur riconoscendo qualche punto positivo nell’accordo, chiede al segretario Siddi che «i documenti firmati siano sottoposti al referendum della categoria», mai interpellata nella conduzione delle trattative, che “la piazza” definisce «notturne e segrete».
Striscioni e cartelli lamentano la svendita dei giornalisti agli editori e la condizione di schiavitù alla quale sono obbligati i nuovi professionisti dell’informazione. Così, quando un giornalista col megafono chiede di tirare fuori le tessere della Fnsi, solo qualcuno ha il coraggio di farlo. Quelle tessere che rappresentano l’appartenenza a «un sindacato che non ascolta più i suoi iscritti», come dice Paolo, giornalista per una testata web. A ricordare il ruolo di rappresentanza ci pensa una delegazione dei possessori di tessera che entra nella sede di corso Vittorio Emanuele II, quella che è «casa nostra», grida una manifestante di fronte a Franco Siddi. Le parole del segretario, che consiglia ai manifestanti di «imparare l’educazione» e definisce un giornalista «complice» non si sa bene di chi e di cosa non placano gli animi e non gli risparmiano una dura contestazione. Si registrano attimi di tensione tra manifestanti e membri della giunta, con baruffe e alterchi che tradiscono tutta l’esasperazione accumulata.
L’urlo «Vergogna, vergogna!» indirizzato a Siddi e alla giunta è così la fine forse più deprimente di questa giornata di protesta. Le parti sono più che mai distanti. La richiesta dei manifestanti delle dimissioni immediate del segretario Franco Siddi e di tutti i membri della giunta esecutiva della Fnsi è ufficializzata nel corso di una conferenza stampa tenutasi nella stessa sede del sindacato.
Nino Fazio