Sono passati quasi tre anni da quando Fabiano Antoniani, meglio conosciuto come dj Fabo, ha deciso di porre fine alle sue sofferenze con il suicidio assistito. Come cantava Fabrizio De Andrè nel suo Testamento, è andato via senza parlare, ma gridando; è andato via senza sapere la verità, ricorrendo ad altre vie, altri modi.
Da allora nulla è cambiato nel quadro normativo italiano, ma qualcosa si è mosso. La sua morte, l’autodenuncia di Marco Cappato che l’ha accompagnato a morire in Svizzera sono valse a riportare il dibattito del fine vita all’attenzione di tutti. Perché dopo la sentenza storica del 25 settembre della Corte costituzionale, il Parlamento dovrà colmare il vuoto legislativo e mettere un punto sulla questione.
Sul tavolo del legislatore ci sono tredici tra proposte e disegni di legge: sei sono state presentate alla Camera e sette al Senato. Per semplificare, potremmo dividerle in due grandi filoni: ci sono quelle che tendono a depenalizzare l’aiuto al suicidio e riformare parte della legge 219/2017, la quale si occupa di consenso informato; e quelle, invece, che porterebbero alla legalizzazione del suicidio assistito o dell’eutanasia (alcune entrambe). Le prime sono state presentate dal deputato Alessandro Pagano della Lega e dalla senatrice di Forza Italia Paola Binetti. Si aggiunge a quest’area anche il disegno di legge della senatrice azzurra Maria Rizzotti. Le altre invece sono state presentate dal MoVimento 5 Stelle con il senatore Matteo Mantero e la deputata Doriana Sarli; dal Partito Democratico con i senatori Monica Cirinnà, Tommaso Cerno, Nadia Ginetti e Andrea Marcucci, e quella del deputato Alessandro Zan. Infine Liberi e Uguali con la proposta di legge dell’onorevole Michela Rostan. In questa seconda categoria ci sono anche le proposte del deputato del gruppo misto Andrea Cecconi e la proposta di iniziativa popolare, già presentata nel corso della diciassettesima legislatura.
“Sono quattro i passaggi chiave. Il primo riguarda una revisione parziale dell’articolo 580 del codice penale e prevede un alleggerimento della pena se chi commette il reato si trova in situazioni particolari sotto il profilo emotivo, poi c’è una revisione della legge 219/2017, sopprimendo il comma in cui si equiparano nutrizione e alimentazione a trattamenti sanitari. Il terzo punto riguarda il rafforzamento e il potenziamento di quelle che sono le cure palliative a 360 gradi, non solo in senso farmacologico. Il quarto riguarda l’inserimento dell’obiezione di coscienza” racconta in un’intervista a LumsaNews la senatrice Paola Binetti, firmataria, come già detto, dell’omonimo disegno di legge.
Sul testo, però, secondo il nostro esperto di diritto c’è più di qualche perplessità, soprattutto alla luce di quanto deliberato dalla Consulta: “La Corte Costituzionale ha affermato a chiare lettere, nell’ordinanza 207/2018, che il divieto assoluto di aiuto al suicidio è costituzionalmente illegittimo in quanto limita la libertà di autodeterminazione del malato sottoposto a trattamenti di sostegno vitale nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze” ha dichiarato a LumsaNews (in questa intervista) la professoressa Alessandra Pisu, associato di diritto privato all’università di Cagliari e presidente dell’Associazione Walter Piludu. I dubbi, però, non si fermano al primo articolo delle due proposte, ma riguardano anche la possibilità di non definire trattamenti sanitari l’alimentazione artificiale.
Per quanto riguarda le proposte dell’ala del centro sinistra-MoVimento 5 stelle il giudizio della docente sembra essere più positivo: “L’approvazione di questi testi consentirebbe alla persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, che si trovi in una situazione di sofferenza insostenibile e irreversibile o di malattia con prognosi infausta (anche se non sottoposta a trattamenti di sostegno vitale) di chiedere e ottenere dal sistema sanitario nazionale un trattamento eutanasico, con esclusione di punibilità per il medico e il personale sanitario che lo pratichino –ci spiega ancora la professoressa Pisu-. Si tratterebbe di un vero e proprio nuovo diritto della persona malata e sofferente la cui violazione darebbe luogo a una responsabilità risarcitoria della struttura sanitaria pubblica”.
Un nodo cruciale che il legislatore dovrà sciogliere riguarda sicuramente la figura del medico e la sua volontà di porre o meno fine alla vita di una persona. Solo nella proposta della deputata pentastellata Doriana Sarli e in quelle del centro destra viene inserita l’obiezione di coscienza: “Un problema centrale nella nostra società, che è stato sottolineato anche da tutti i mass media, è il cambiamento inevitabile del ruolo del medico” spiega in un’intervista a LumsaNews Laura Palazzani, vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica e docente di biogiuridica alla Lumsa di Roma. Secondo la professoressa Palazzani “la Federazione nazionale dell’Ordine dei medici, nella persona del professor Filippo Anelli, che peraltro è membro di diritto del Comitato nazionale di bioetica, ha espressamente pronunciato le sue posizioni sul suicidio assistito, affermando che il medico ha un dovere deontologico. Come definito dal codice o, ad esempio, dall’Organizzazione mondiale della sanità, è che il suo compito è quello di curare e assistere il malato, non di dargli la morte. Quindi, se il medico darà la morte – conclude Palazzani -, cambierà radicalmente il suo ruolo e la sua figura. Il professor Anelli si è pronunciato anche a favore di una persona terza che possa dare la morte, ma anche qui ci sarà da dibattere”.
“Il mutamento delle condizioni politiche – la nuova maggioranza di governo – ha senz’altro reso meno aspri gli ostacoli rispetto all’approvazione di una legge- afferma a LumsaNews la senatrice dem Monica Cirinnà, prima firmataria dell’omonimo disegno di legge-. Ricordo infatti che la discussione alla Camera si è arenata anche a causa dei contrasti insanabili, su questo tema, tra le forze che allora formavano la maggioranza di governo. Adesso siamo in attesa del deposito delle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale, che ha fissato un principio chiaro: al malato deve essere garantita la libertà di scegliere di morire in modo corrispondente alla propria visione della dignità. Leggeremo la sentenza, e sono sicura che sapremo confrontarci in modo non ideologico, per arrivare in tempi rapidi all’approvazione di una buona legge”.