Nell’ambito della nostra inchiesta sul fine vita, la senatrice di Forza Italia Paola Binetti spiega il disegno di legge che ha presentato al Senato, e che esclude la possibilità per i pazienti di ricorrere al suicidio assistito o all’eutanasia.
Senatrice Binetti, il 7 agosto lei ha presentato una proposta di legge sul fine vita al Senato. Quali sono le modifiche che verrebbero apportate nel quadro normativo qualora diventasse una legge dello Stato italiano?
«Sono quattro i passaggi chiave. Il primo riguarda una revisione parziale dell’articolo 580 del codice penale e prevede un alleggerimento della pena se chi commette il reato si trova in situazioni particolari sotto il profilo emotivo. Poi c’è una revisione della legge 219/2017, sopprimendo il comma in cui si equiparano nutrizione e alimentazione a trattamenti sanitari. Il terzo punto riguarda il rafforzamento e il potenziamento di quelle che sono le cure palliative a 360 gradi, non solo in senso farmacologico. Il quarto riguarda l’inserimento dell’obiezione di coscienza».
La sua proposta non si discosta di tanto da quella presentata alla Camera dal leghista Pagano, come mai questa scelta?
«Questo disegno di legge è nato da un gruppo di studio e di lavoro che si è tenuto quest’anno: abbiamo cercato di identificare i tratti salienti per un miglioramento della legge 219/2017 e che rappresentano uno stop definitivo all’eutanasia. È un gruppo di lavoro che si è riunito nell’ala del centrodestra. Le proposte sono state presentate in due momenti diversi perché in quel momento era incardinato alla Camera ed era urgente che venisse presentato alla Camera per contrastare gli altri ddl in chiave fortemente eutanasica. Noi aspettavamo che arrivasse al Senato, ma dal momento che il primo di agosto il presidente Fico ha dichiarato di non essere in grado di portare avanti la legge, io ho presentato subito una mozione e una proposta».
Secondo quanto dicono i sondaggi, commissionati dall’Associazione Luca Coscioni, gli italiani sono per la maggior parte favorevoli a una legge che consenta l’eutanasia. Oltre a questo ci sono decine di persone che sono disposte a porre fine alle proprie sofferenze: come si sposano queste volontà con la sua proposta di legge?
«Nel campione di cui disponiamo anche noi, che risponde a una diversa qualità di valori e a un contesto socialmente e culturalmente differente, il dato che dice che il 93% degli italiani (secondo quanto riferito dall’Associazione Luca Coscioni, ndr) è favorevole all’eutanasia non è corretto. Basti pensare che l’11 settembre nella sede della Conferenza episcopale italiana c’erano centinaia di persone contrarie all’eutanasia».
Con la nuova maggioranza che pare essere favorevole all’eutanasia, crede che sarà più difficile portare avanti le sue istanze? Si pensi, per esempio, all’obiezione di coscienza per i medici, alla volontà di non fornire trattamenti eutanasici.
«Sono sicura che sarà più difficile, perché l’attuale governo giallorosso, gli unici disegni di legge che ha presentato sono sbilanciati in questo modo. Penso che sarà quindi una battaglia molto più dura ma noi la combatteremo, è il bello della democrazia. A noi manca una cosa: il fatto che la stampa sia orientata in questo senso, solo Avvenire ha sostenuto una ragionevole obiettività sia in un verso che nell’altro».
Però i giornali parlano dei medici che potrebbero voler fare obiezione di coscienza.
«Esattamente. Non a caso il presidente dell’Ordine dei medici ha detto: “Giù le mani dai camici bianchi. Non c’è bisogno di un medico per staccare la spina” e loro si sono rifiutati».
L’articolo 17 del Codice di deontologia medica parla chiaro: il medico non deve effettuare né favorire atti finalizzati a provocare la morte del paziente, neanche su sua richiesta. Qualora venisse approvata una delle tante proposte di legge all’esame di Camera e Senato sul fine vita, come si dovrebbe comportare un medico?
«Il medico dovrebbe rifiutare, fare obiezione di coscienza».