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Ferrandelli: ecco la ricetta per cambiare Palermo

di Federica Macagnone04 Maggio 2012
04 Maggio 2012

Palermo è una città dal forte travaglio sociale. Come pensa di gestirla?
Palermo è una città con tante emergenze, ma possiede anche tutte le risorse e le energie necessarie per superarle. I più penalizzati sono soprattutto i giovani. Ogni due anni circa 19.000 ragazzi sono costretti a lasciare la città in cerca di fortuna. Ed è per questo che voglio cambiare Palermo, per bloccare la fuga dei talenti e permettergli di tornare in città. Il mio obiettivo è quello di creare le condizioni di sviluppo, dialogare con il tessuto economico sano di questa città e costruire insieme una città migliore, a misura d’uomo, europea. Bisogna promuovere dei microcrediti finalizzati allo startup d’impresa, incentivare lo sviluppo degli investimenti su energie rinnovabili, creare un indotto occupazionale derivante dalla trasformazione dei rifiuti, promuovere lo sviluppo economico attraverso la ricettività turistica con la riqualificazione dei24 kmdi costa e la valorizzazione del centro storico. Ho anche pensato ad un “Palazzo delle professioni”, un edificio comunale da adibire a spazio di co-working. Un edificio comunale da adibire ad uffici da mettere a disposizione di tutti quei palermitani che hanno voglia di mettersi in proprio, ma non hanno ancora le forze necessarie per far decollare la propria attività. Seguendo gli ormai collaudati esempi di co-working, attraverso il pagamento di un canone mensile ridotto, i cittadini potrebbero usufruire oltre che degli spazi, anche di stampanti, fax, e di un collegamento wi-fi. In questo modo, avrebbero inoltre la possibilità di confrontarsi con altre realtà e ampliare la propria rete di contatti professionali. Un piccolo sforzo per l’Amministrazione, ma un aiuto concreto per i giovani della nostra città.

Questa città è assediata di problemi. Le aziende come la Gesip e l’Amia non hanno soldi. Come affronterà questo problema?
Vi sono diversi ordini di problemi. Il primo riguarda proprio le aziende ex municipalizzate che, così per come sono state concepite, non potranno che continuare a produrre debiti. È necessario, infatti, procedere ad una ristrutturazione che renda tali aziende finalmente produttive. Ad esempio, l’Amia, gestisce i rifiuti come un costo e paga persino il conferimento in discarica. Se invece iniziasse a differenziare i rifiuti e a venderli ai consorzi di filiera ne trarrebbe un guadagno. Poi c’è il problema del personale in esubero, come nel caso della Gesip, che potrebbe essere risolto con la mobilità interna. Prevedo, infatti, l’accorpamento delle aziende speciali in una Holding, in modo da abbattere i costi di gestione e colmare le carenze di personale, spostando i dipendenti in esubero da un’azienda all’altra, sempre in base alle competenze. Prevedo inoltre l’azzeramento di tutti i Cda, oggi pieni zeppi di manager super pagati, che verranno sostituiti dalla figura dell’amministratore unico.

Lei parla di cambiare questa città. Qual è la strada giusta per farlo?
Innanzitutto una città non la si cambia da soli. Il governo della città deve ritornare in mano ai cittadini che chiedono di essere più partecipi. Sono loro, infatti, i principali interlocutori di un’Amministrazione e in quanto tali dovrebbero poter partecipare alle scelte di governo. E questo può avvenire solo con un bilancio partecipativo, dove i singoli capitoli di spesa vengono condivisi con i palermitani. Poi ancora l’anagrafe pubblica degli eletti, per sapere ogni consigliere quante volte va in consiglio e come vota, ovvero se mantiene o disattende le promesse fatte durante la campagna elettorale. Le telecamere devono rientrare a Palazzo delle Aquile con le dirette streaming delle sedute di consiglio, in modo che tutti possano vedere cosa accade all’interno del palazzo. Infine, ho previsto degli incontri quadrimestrali sullo stato di avanzamento del programma.

 11 candidati a sindaco. Come si può spiegare anche a un non palermitano questa frammentazione?
Stiamo vivendo un periodo storico particolare in cui la gente è disillusa, non crede più alle ideologie e ancor meno nelle logiche di partito. Ma c’è anche una grande voglia di riprendersi Palermo e lo dimostra l’alto numero di candidati. Accanto ai nomi proposti dai partiti troviamo, infatti, anche nomi proposti dalla società civile, dal mondo dell’imprenditoria, dal mondo del volontariato. La mia candidatura infatti proviene proprio dai movimenti civici che, riconoscendo il mio impegno e il mio operato per questa città, hanno proposto il mio nome. Una candidatura avallata anche dalla vittoria delle primarie.

Secondo lei hanno un’utilità democratica le primarie strutturate in questo modo?
Le primarie sono uno strumento utilissimo, se non addirittura il primo, di democrazia partecipativa. Lo dimostrano anche i 30.000 palermitani che lo scorzo 4 marzo hanno fatto ore di fila per poter scegliere il proprio candidato sindaco.

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle primarie?
Io vedo solo vantaggi. I cittadini hanno la possibilità di scegliere il proprio rappresentante, in piena libertà. Un modo per unire, per presentare una candidatura forte in grado di battere le altre, di schieramenti opposti. I partiti del centrosinistra hanno sottoscritto un accordo, un patto vincolante. A Palermo, purtroppo, è successo un fatto spiacevole: il tradimento delle primarie e la conseguente candidatura di chi non ha accettato il risultato perché a vincere non è stato il proprio candidato.

Cosa si potrebbe fare per migliorare le primarie visto che il loro scopo è di essere uno strumento di democrazia partecipativa?
È utile fissare delle regole condivise e vincolanti, così come è già stato fatto, e poi rispettarle.

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