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Fecondazione assistita, illegittimo il divieto dell’eterologa

di Silvia Renda10 Aprile 2014
10 Aprile 2014

Fecondazione assistitaDa un lato c’è il desiderio di maternità di una donna. Un sogno infranto dall’impossibilità genetica di avere figli. Dall’altro lo sconcerto di chi crede che quanto avviene nei laboratori non sia assimilabile al concetto di nascita. La recente decisione della Corte costituzionale di dichiarare illegittimo il terzo comma dell’articolo 4 della discussa legge 40, che vietava la procreazione assistita eterologa, vede due schieramenti contrapposti, ognuno portatore appassionato di una sua verità e di una sua giustizia, fronteggiarsi aspramente.

Era il 2004, quando veniva approvata la legge 40 sull’aborto, promossa dall’allora ministro della sanità, Girolamo Sirchia. Da quel momento hanno preso il via numerosi dibattiti giurisdizionali, messi in atto da coppie desiderose di avere un figlio e che vedevano nella legge una violazione dei propri diritti, a partire dal referendum abrogativo del 2005, fallito per astensionismo. Ma le battaglie furono anche in parte vinte, tant’è che a 10 anni dalla sua approvazione la legge 40 appare molto cambiata: bocciata la parte che vieta le diagnosi preimpianto (2008 Tar del Lazio), cancellato il limite di tre embrioni e l’obbligo di impiantarli contemporaneamente (2009 Corte Costituzionale). E nel 2010, prima di far marcia indietro, la Corte di Strasburgo aveva approvato la fecondazione eterologa, anticipando di tre anni la recente decisione della Corte Costituzionale, che approva per le coppie sposate e conviventi stabili la possibilità di ricevere i gameti da un donatore sterno.

La fecondazione, dopo la decisione della Corte Costituzionale, sarà adesso in Italia possibile in centri pubblici e privati e la donazione dovrà avvenire a titolo gratuito. Escluse le coppie omosessuali, i single e le donne che hanno superato l’età della fertilità. Sull’anonimato del donatore vige invece ancora un po’ di confusione. “Dobbiamo capire se toccherà al parlamento occuparsi di aspetti come l’anonimato di chi cede i gameti”, dichiara il ministro della Salute Beatrice Lorenzin in un’intervista rilasciata a La Repubblica.

Le reazioni non si sono fatte attendere, perché se c’è chi da un lato festeggia un successo ottenuto in anni di lotta, c’è poi chi vede nella sentenza una sconfitta morale alla quale è necessario riparare al più presto. Il mondo cattolico in primis, che sceglie come portavoce il cardinale Ruini, nel 2004 tra i principali promotori della legge: «Non può esistere un diritto al figlio perché il figlio è una persona e come tale non disponibile». Questa la posizione del cardinale che sottolinea così come sarebbe più corretto spostare il focus dalla coppia alla creatura che nascerà. Il timore è inoltre quello che il “figlio in provetta” possa diventare paragonabile ad un prodotto acquistabile al supermercato, dove la scelta ricade sull’articolo che presenta i requisiti a noi più graditi. Il capello biondo o moro, l’occhio ceruleo o corvino, come indicatori riportati sull’etichetta per accontentare le richieste più disparate. Una “degenerazione” di certo non prevista nei piani di nessuna persona desiderosa di diventare genitore e degna di ricevere questo titolo.

Silvia Renda

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