È stato disposto lo stop alle donazioni di sangue per circa 1,2 milioni di romani a seguito del focolaio di febbre Chikungunya, che nei giorni scorsi ha colpito prima Anzio e successivamente la zona della Asl 2 della Capitale. Sono infatti saliti a 17 i casi accertati di contagio, di cui sei a Roma e, come ha fatto sapere la Regione Lazio, «dieci casi sono di residenti o di chi ha soggiornato nel Comune di Anzio, mentre per gli altri sette non risulta che abbiano viaggiato in Italia o all’estero nei 15 giorni precedenti ai primi sintomi».
Il divieto assoluto di donazioni riguarda quindi tutti i residenti dei quadranti sud ed est della città e il provvedimento si è reso necessario poiché non esiste un test che permette di riconosce il virus nel sangue ed è quindi rischioso far donare persone che potrebbero essere infette. Questo porterà Roma, nei prossimi giorni, ad avere una carenza di circa 200-250 sacche di sangue, che saranno dunque fornite soprattutto dalle regioni limitrofe.
Intanto è stata firmata dal sindaco Virginia Raggi l’ordinanza comunale per contrastare l’emergenza e, come si legge in un comunicato del Campidoglio, sono già iniziati «gli interventi straordinari con i trattamenti larvicidi a seguito delle prime segnalazioni di venerdì scorso» e, nelle zone dei casi accertati, anche degli interventi adulticidi.
La febbre Chikungunya è però diventato un caso politico perché già nei giorni scorsi la Regione Lazio ha accusato il Comune di Roma di negligenza e la stessa Asl in una nota ha ricordato di aver già indicato, per due volte, al Comune di procedere con un piano straordinario di disinfestazione. La replica del Campidoglio è arrivata dall’assessore alla Sostenibilità ambientale, Pinuccia Montanari, che ha accusato la Regione di aver convocato Roma Capitale con grande ritardo. «Già dal mese di aprile – ha affermato la Montanari – l’amministrazione capitolina sta attivamente monitorando l’infestazione della zanzara tigre, adottando prontamente le misure di prevenzione e lotta attiva previste dalla normativa vigente». Il Comune di Roma ha inoltro respinto le accuse di ritardo nella disinfestazione a seguito dei primissimi casi di Chikungunya. «L’intervento – ha specificato sempre Pinuccia Montanari – è stato possibile solo al termine delle avverse condizioni climatiche dei giorni scorsi, che avrebbero reso inefficaci e inutili i trattamenti».
Tutte le persone colpite dalla febbre sono in buone condizioni e non corrono nessun pericolo. La Chikungunya, è bene ricordarlo, ha una bassissima mortalità e presenta sintomi quali forti dolori articolari, febbre alta, mal di testa, affaticamento, nausea e in un secondo momento sfoghi cutanei. Può comunque diventare pericolosa per alcuni soggetti deboli come bambini o anziani. La denominazione Chikungunya deriva dalla lingua kimakonde, della Tanzania, nella quale questo termine significa “diventare contorto” e si fa dunque riferimento al fatto che tra i sintomi di questa malattia vi sono forti dolori articolari che costringono in alcuni casi le persone ad assumere strane posizioni. L’ultimo grande focolaio in Italia si è avuto nel 2007 in Emilia Romagna, nel ravennate. Allora le persone colpite furono oltre 250 su un totale di 2mila residenti e la febbre causò un morto: un anziano che soffriva anche di altre patologie.