Erano solo vent’anni fa. Le bombe frantumavano il sogno bosniaco di una civiltà multietnica e la Jugoslavia iniziava la sua parabola di dissoluzione che sarebbe sfociata nell’indipendenza sofferta e graduale dei suoi Paesi membri. Ieri, lungo il viale Maresciallo Tito a Sarajevo tornavano fumo e petardi. Ma stavolta era il segnale di una festa. La nazionale di calcio della Bosnia si è qualificata per la prima volta nella storia ai mondiali di calcio 2014 in Brasile: per tutta la notte la gente si è riversata nelle strade della città per festeggiare l’evento.
Il trionfo. La qualificazione della Bosnia è stata timbrata in Lituania. Alle spalle un cammino strepitoso nel girone eliminatorio con 25 punti su 30, al pari della Grecia, con 30 gol fatti e solamente sei subiti. Facilitata da un girone non proprio ostico (oltre alla nazionale ellenica e alla Lituania c’erano Slovacchia, Lettonia e Liechtenstein) e con un solo scivolone inaspettato, quello del 6 settembre, a Zenica (1-0 per gli slovacchi). Del resto non c’è da stupirsi: questa è la generazione d’oro della Bosnia, già vicinissima alla qualificazione agli Europei 2012 e fermata ai playoff dal Portogallo. La storia si prende la sua rivincita: quella bosniaca è per il momento l’unica tra le vecchie repubbliche jugoslave ad essere certa di andare in Brasile. Sugli scudi il bomber Edin Dzeko, il romanista Pjanic e il dirimpettaio Lulic. E poi l’altro puntero Ibisevic e capitan Spahic.
La soddisfazione della nazione è tutta racchiusa nelle parole di Safet Susic, totem della fortissima Jugoslavia unita di marca ’80, oggi mister della nazionale gialloblu: «Il paese è afflitto da problemi politici ed economici. Che si riflettono anche nel calcio: ma andare in Brasile ci aiuterà. Questa squadra unisce la gente. Pochi anni fa mai avresti immaginato di vedere bosniaci, serbi e croati sostenerci, ma adesso è tutto cambiato».
La colonia degli slavi. La nazionale vanta un patrimonio tecnico di spessore. E’ costituita da giocatori che militano tutti in campionati esteri, tranne il terzo portiere Asmir Avdukic (gioca nel Borac Banja Luka). Oltre alla stella Edin Džeko, centravanti del Manchester City (33 reti in 58 presenze), si annoverano il romanista Miralem Pjanic (classe 1990), Senad Lulic, eroe biancoceleste del derby di Coppa Italia, il portiere Asmir Begovic (Stoke City) e appunto il bomber Ibiševic, che attualmente gioca nello Stoccarda.
Poi ci sono il capitano Emir Spahic, il recordman di presenze Zvjezdan Misimovic, che gioca in Cina, Haris Međunjanin e il giovane gioiello del Grassopher, con un passato all’Arsenal, Izet Hajrovic (1991).
Allargando l’orizzonte agli altri Paesi dell’ex Jugoslavia si trovano altrettanti giocatori di fama mondiale, noti anche al nostro Campionato. Dejan Stankovic, di nazionalità serba, è stato bandiera dell’Inter e ancor prima della Lazio. L’addio alla Nazionale è arrivato pochi giorni fa, in lacrime, nell’amichevole tra Serbia e Giappone finita 2-0.
Poi c’è Vucinic, anche lui serbo e attaccante della Juve. Quindi Adem Ljaic, ora in giallorosso e con il passato alla Fiorentina, Sinisa Mihajlovic (ex Lazio e Inter) allenatore proprio della Serbia. Da non dimenticare nemmeno il macedone Goran Pandev, attaccanet del Napoli.
Gianluca Natoli