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Fatebenefratelli: dipendenti, sindacati e pazienti uniti per salvare l’ospedale

di Alessandra Aurilia10 Marzo 2014
10 Marzo 2014

L’ultimo ospedale del centro storico di Roma rischia il fallimento. Anche il Fatebenefratelli, da 500 anni sull’isola Tiberina, sta pagando il prezzo della crisi economica. Dal bilancio del 2013 risulta, infatti, che l’ospedale avrebbe cumulato negli ultimi anni un debito di 270 mln di euro, al quale si aggiungerebbe un disavanzo di 8 mln sul fatturato di 110 mln raggiunto nel 2013.

A pagare il prezzo di questo disastro economico sono principalmente i medici e gli infermieri, a rischio licenziamento. Nel primo piano di ristrutturazione, presentato dal cda dell’ospedale e bocciato dalla regione Lazio, sono stati infatti segnalati 200 lavoratori in esubero ed è stata stabilita la chiusura di tre servizi essenziali: dialisi, psichiatria e trasfusionale.

In occasione dell’incontro, previsto per oggi, tra regione Lazio, sindacati e proprietà, in cui si dovrebbe decidere delle sorti dello storico nosocomio, un corteo di cittadini e dipendenti dell’ospedale si è riversato sulla piazza antistante il Ministero della Salute. “Siamo qui a protestare per una grave mancanza gestionale del Fatebenefratelli in questi ultimi 7 anni – ha dichiarato un’infermiera – in sala operatoria mancano le attrezzature e non riusciamo più ad assistere adeguatamente i nostri pazienti”. Non è soltanto una questione economica a trainare le proteste dei cittadini e dei lavoratori, ma anche e soprattutto una ragione affettiva. L’ospedale è un punto di riferimento sia per coloro che vi lavorano da anni, sia per i pazienti, i quali ritengono impensabile che l’ultima struttura ospedaliera rimasta nel cuore di Roma, dopo la chiusura del San Giacomo, debba essere smantellata.

Sventolavano, insieme ai cartelloni di protesta, anche le bandiere della CGIL e CGIL Fp, che hanno sostenuto i lavoratori nella loro protesta. “Il governo intervenga in soccorso di queste strutture” è stato l’appello del delegato della CGIL Camillo Miceli, che ha imputato alle politiche di spending review parte della responsabilità per la situazione in cui versa oggi l’ospedale. “Nella regione Lazio i tagli alle attività sono stati dell’ordine del 15-16%, quindi consistenti”, ha aggiunto Miceli.

Risanare il bilancio potrebbe costare il ridimensionamento del personale, la riduzione degli stipendi e ulteriori tagli alle attività. Ma su quale sarà il futuro dell’ospedale, al momento, nessuno sa dare una risposta chiara. Quel che è certo è che la qualità di assistenza per il cittadino non sarà più ai livelli del passato.

Alessandra Aurilia e Silvia Renda

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