Stefano Fassina, ex ministro dell’Economia del governo Letta, resta uno dei pochi, nell’intero arco politico italiano, a essere scettico sull’utilizzo del Meccanismo europeo di stabilità. La scorsa settimana sull’Huffington Post lo ha definito “una trappola”, anche se, aperture verso il ricorso a questa linea di credito arrivano ormai anche dall’opposizione, Forza Italia in testa.
Forse l’unico con cui continua a condividere questa posizione è Matteo Salvini
“Ahimè”.
Ieri però il direttore generale del Mes, Klaus Regling, ha parlato di “condizionalità assenti” e di tassi d’interesse bassissimi sui prestiti.
“Il problema non è nelle condizioni di accesso a questo tipo di prestito, ma nelle modalità di rientro. Se si leggono le dichiarazioni dell’Eurogruppo è richiamato più volte l’articolo 13, che è quello che riprende la valutazione di sostenibilità del debito. Per uno stato come il nostro, col debito pubblico che dopo questa crisi arriverà al 160% del Pil, la prospettiva più probabile è che attraverso il Mes si arrivi a un programma di aggiustamento macroeconomico e a un memorandum con la Troika”.
Nel suo intervento sull’Huffington Post incitava il Movimento 5 Stelle a non cedere sul Mes, in nome delle periferie che li hanno sostenuti al voto nel 2018. Oggi il Movimento si oppone alla regolarizzazione dei migranti, che ne pensa?
“Sui migranti secondo me il M5S compie un errore. Oggi regolarizzarli è un aiuto a quelle periferie di cui parlavo. Non solo perché in quelle periferie ci sono tanti irregolari, ma perché la loro condizione ne determina lo sfruttamento, che diventa inevitabilmente lo sfruttamento di tutti gli altri lavoratori, con un concorrenza al ribasso. Un conto sono le politiche rigorose e la limitazione dei flussi d’arrivo, altro è invece seguire l’onda leghista e schierarsi contro la regolarizzazione delle periferie”.
Come sostegno al lavoro, dall’Europa dovrebbero arrivare aiuti da indirizzare verso gli ammortizzatori sociali, il cosiddetto “Sure”. All’Italia servono, a stretto giro, 15 miliardi per rifinanziare la cassa integrazione, quando arriveranno questi soldi?
“Il punto è un altro, bisogna dire la verità agli italiani: il Sure è un grande bluff. Leggendo le bozze del decreto rilancio, ho scoperto che le garanzie per la Banca europea per gli investimenti vanno rifinanziate, non basta quello che abbiamo già messo. L’impatto è poca cosa. Sono fondi che dovrebbero generare, per tutta l’Europa, un flusso di credito che è la metà di quello prodotto dal decreto Rilancio per la sola Italia (55 miliardi circa, ndr)”.
Dobbiamo aspettarci qualcosa di più dal Recovery Fund?
“Il Recovery Fund, quando arriverà, prevederà, nel migliore dei casi, qualche decina di miliardi da spendere per gli investimenti. Stiamo parlando di interventi marginali. L’unico intervento serio è quello dell’acquisto di titoli da parte della Bce, che andrebbe sostenuto, invece di perdere tempo sul Mes e su tutti gli altri strumenti che sono soltanto propagandistici. È marketing politico. Il governo italiano, assieme ai Paesi cosiddetti “solidali”, si sarebbe dovuto concentrare a sostenere l’intervento della Bce. Tanto più in un momento come questo, in cui la sentenza della Corte Costituzionale tedesca la mette sul banco degli imputati. Se la Bce non fa quello che fanno tutte le banche centrali del mondo in questa fase, allora credo che vada seriamente valutata la riconquista di un’autonomia monetaria necessaria a non far soffocare la nostra economia”.