Il conflitto che insanguina la Colombia da ormai 40 anni tra le Forze armate rivoluzionarie (Farc) e quelle governative si avvia verso l’epilogo. Ieri il Presidente colombiano Juan Manuel Santos e il comandante dei guerriglieri Timoshenko (vero nome Rodrigo Londono Echeverri) hanno fissato l’ultima tappa delle trattative di pace che, con la mediazione di Cuba e Norvegia, proseguono dal 2012. Entro il 23 marzo del 2016 verrà concessa un’ampia amnistia per i delitti politici e nascerà una “giurisdizione speciale per la pace”, un tribunale speciale per processare gli imputati per gli altri crimini, compresi quelli di lesa umanità.“Tra 6 mesi esatti staremo dando l’addio definitivo all’ultima e alla più lunga guerra combattuta non solo in Colombia ma in tutta America”, ha affermato Santos, intervenuto per la prima volta di persona al tavolo dei negoziati a L’Avana, in presenza del Presidente cubano Raul Castro.
Un ruolo importante nelle trattative lo ha ricoperto la Chiesa, attraverso gli sforzi della Comunità di Sant’Egidio sostenuti da Papa Francesco, molto attento anche a seguire gli sviluppi negli ultimi colloqui all’Avana, dove il nunzio apostolico monsignor Giorgio Lingua era presente in qualità di osservatore. L’impegno del Papa è stato ricambiato da un appello delle Farc per incontrarlo durante il suo soggiorno a Cuba. Nel messaggio, al quale il pontefice ha risposto con una preghiera per la riconciliazione, Francesco veniva definito “l’amico dei poveri, missionario di concordia, colui che ama custodire il creato”. Bergoglio, in meno di due anni di pontificato, è riuscito a conquistare la fiducia delle due parti che, nelle ultime dichiarazioni, hanno manifestato la loro ferma volontà di seppellire l’ascia di guerra: come ha riassunto: “Il Papa ci ha detto che non possiamo permetterci un altro fallimento sul cammino della pace e della riconciliazione – ha sottolineato il Presidente colombiano – Non intendiamo fallire, è arrivata l’ora della pace”.
Raffaele Sardella