Notizie false e bufale. Su questo tema si innesta il dibattito politico degli ultimi giorni, con il decreto di legge dello scorso 10 novembre che si propone di contrastare i contenuti illeciti e le fake news.
Non mancano però i dubbi su una legge che sembra incompleta, in quanto il termine “fake news” viene citato solo nel titolo e nell’introduzione al testo, ma poi scompare e il ddl ricalca una legge analoga approvata in Germania per una serie di reati contro la persona e lo Stato, ma appunto non definisce nei dettagli le notizie fake. Inoltre, il testo riguarda i social network ma dalla normativa sono esentati i siti e le testate online. Nonostante questo il documento spiega bene che le notizie false “suscitano allarme sociale” e sono “spesso immesse nel circuito dei social network per condizionare l’opinione pubblica di un Paese”.
Le notizie false vengono infatti pubblicate e fatte diventare virali per vari motivi, come spiega ai microfoni di Lumsanews il blogger bolognese Michelangelo Coltelli, creatore del sito Butac, acronimo di Bufale un tanto al chilo. “C’è chi fa la bufala solo per scopi economici, chi per amore del palcoscenico, quindi gode nel vedere la sua notizia falsa diventare virale anche se non ci guadagna niente e chi, invece – e sono i casi più gravi – le usa per manipolare l’opinione pubblica”.
Manipolare i fatti e pubblicare notizie non corrette significa incidere, anche in modo pesante, su processi decisionali ed elettivi e su tanti aspetti della vita quotidiana. “Lo vediamo tutti i giorni – sottolinea Coltelli – su questioni anche distanti dalla politica come per esempio l’olio di palma e il glifosato. L’opinione pubblica è stata manipolata così tanto che oggi se chiediamo a cento persone se l’olio di palma fa male ci rispondono che è il demonio e che il glifosato andrebbe bandito da tutte le coltivazioni italiane, quando invece la scienza ci dice che non è così”. Lo stesso avviene, prosegue Coltelli, nel dibattito politico, fino a toccare le elezioni, basti pensare “all’informazione che viene fatta quotidianamente sugli immigrati nel nostro Paese. Se io ti convinco che sono l’unico male, automaticamente tu sarai spinto a votare e ad esprimerti politicamente per chi non li difende ma li attacca”.
Le vittime delle fake news sono innanzitutto gli stessi giornalisti, che dovrebbero essere abituati alla verifica certosina dei fatti e a non fidarsi “nemmeno se una notizia viene pubblicata da una grande e famosa testata”. Chi però è più indifeso è il lettore medio – spesso utente nostrano dei social – che molte volte non possiede i mezzi e le conoscenze adeguate per distinguere una notizia vera da una falsa. “Non è facile – spiega sempre Coltelli – abituare i lettori a non fidarsi di nessuno. Io, per esempio, in ogni mio articolo metto tutte le fonti linkate in modo che si possa andare a verificare”. Butac, infatti, mette a disposizione anche una Black List per segnalare tutti i siti, i blog e le pagine social di chi pubblica e diffonde materiale falso e non attinente ad un’informazione corretta e veritiera. Ovviamente, conclude il fondatore del portale, non c’è la bacchetta magica, ma una strada può essere “istruire il lettore fin da bambino e spiegargli che anche se una cosa è scritta su un libro non vuol dire sia la verità assoluta e se non c’è una fonte dove poter verificare, allora prima di fidarsi è meglio aspettare”.
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Audio intervista integrale a Michelangelo Coltelli