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Ex missionario italiano rapito nelle Filippine

di Samantha De Martin08 Ottobre 2015
08 Ottobre 2015

del torchio

Prosegue attraverso elicotteri, navi della guardia costiera e membri delle forze armate, la massiccia operazione di ricerca di Rolando Del Torchio, l’ex missionario 56enne di Angera, in provincia di Varese, sequestrato ieri da un commando armato, a Dipolog, cittadina di 120mila abitanti sull’isola di Mindanao, nel Sud delle Filippine.

Del Torchio è stato rapito all’interno del suo ristorante, l’Ur Choice Cafè, da almeno sette persone che, dopo essere entrate nel locale ordinando delle pizze, gli hanno intimato di seguirlo. Era arrivato, per la prima volta, nelle Filippine nel 1988 come missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) per poi lasciare la tonaca nel 1996, scegliendo di rimanere sull’isola e lavorare con un’organizzazione non governativa che fornisce assistenza agli agricoltori della zona. Secondo quanto riportato dall’agenzia Ansa, il ristoratore era scampato a un attentato 15 anni fa, quando alcune persone avevano sparato contro di lui mentre si trovava insieme al vescovo del posto. Era, tuttavia, risucito a salvarsi, pur riportando un grave trauma.

Dalle aree costiere nei pressi di Dipolong City le ricerche dell’italiano proseguono fino all’isola di Sulu dove opera il gruppo islamico radicale Abu Sayyaf, tra i maggiori sospettati del sequestro. A Mindanao e nella capitale della provincia di Zamboanga del Norte, sono presenti diversi gruppi ribelli, protagonisti di una guerriglia separatista finalizzata a ottenere maggiore autonomia in un arcipelago a maggioranza cattolica. Si tratta di vere bande che utilizzano il rapimento di stranieri come principale fonte di finanziamento. Nel maggio scorso, a Dapitan, centro a venti chilometri da Dipolog, i miliziani di Abu Sayyaf avevano rapito tre persone, una delle quali era stata decapitata.

Con il sequestro di Del Torchio sale a sei il numero degli italiani nelle mani di rapitori. Tra questi, padre Dall’Oglio, catturato in Siria, e i quattro tecnici rapiti, a luglio scorso, a Mellitah, in Libia.

Samantha De Martin

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