Slitta l’incontro tra il governo e i vertici di ArcelorMittal, annunciato ieri dal premier Giuseppe Conte, dopo la decisione presa dal colosso franco-indiano di recedere dall’accordo sull’ex Ilva siglato un anno fa. Le ragioni sono due, come si legge nella nota di Mittal: “L’eliminazione della protezione legale necessaria alla società per attuare il suo piano ambientale senza rischio di responsabilità. E i provvedimenti del Tribunale di Taranto che obbligano i commissari straordinari di Ilva a completare alcune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019, pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2”.
Per comprendere meglio la vicenda è necessario, però, fare un passo indietro. Da anni, una delle battaglie del Movimento 5 stelle ha come fulcro l’acciaieria di Taranto (e Genova, che da sola vale l’1,4% del Pil nazionale). Nella fattispecie,in un primo momento i pentastellati puntavano a chiudere l’impianto siderurgico, reo di inquinare troppo. Ma arrivati al governo, l’allora ministro del Mise Luigi Di Maio, ha poi firmato un contratto con il colosso, salutandolo come il migliore possibile, sia dal punto di vista ambientale che sindacale.
La decisione presa da Mittal era comunque nell’aria. Soprattutto dopo l’emendamento del 22 ottobre al decreto imprese, proposto dall’ex ministra del Sud Barbara Lezzi, che ha di fatto cancellato l’immunità per i gestori dell’acciaieria. Ed è qua che nasce il problema. Anche a livello governativo. Di Maio, in piena crisi di consensi, è stato infatti costretto a difendere i “dissidenti” tra i suoi parlamentari e appoggiare l’ex ministro e il nuovo titolare del Ministero di Via Veneto Stefano Patuanelli, con il Pd che si è affidato totalmente al suo alleato nell’esecutivo. Lo stesso ministro dello Sviluppo economico aveva assicurato che da parte del colosso non ci sarebbero state conseguenze.
Critica la posizione del’ex ministro del governo Gentiloni, Carlo Calenda, che a “Il Messaggero” fa ricadere tutta la colpa sul Pd e su Renzi: “Pd e Renzi in Parlamento hanno voluto compiacere il gruppo dei senatori 5Stelle vicino all’ex ministro del Sud, Barbara Lezzi”. Per Matteo Renzi, leader di Italia Viva, molto vicino a una cordata che avrebbe potuto rivelare l’acciaieria prima di ArcelorMittal, la colpa è del colosso. “Il problema che io ritengo che Mittal se ne voglia andare e stia cercando pretesti. Qui il problema è capire se qualcuno vuole chiudere Taranto per togliersi dai piedi un potenziale concorrente”, scrive sull’e-news l’ex premier.