Eva (nome di fantasia) ha chiesto a Lumsanews di rimanere anonima per motivi di sicurezza. Si trova infatti ancora in Bielorussia, dopo essere stata fermata dalla polizia insieme al marito per aver partecipato alle manifestazioni anti-Lukashenko.
Tutto il mondo ha visto la violenza della polizia. Come si sono sviluppate le proteste in estate?
“È arrivato il 9 agosto, ci siamo vestiti e siamo andati a votare per Svetlana Tsikhanouvskaya. La sera siamo andati a Minsk ad aspettare i risultati delle elezioni insieme ad altre persone. All’epoca eravamo lontani dal capire cosa sarebbe successo nel paese nelle ore, nei giorni, nei mesi successivi, tuttavia negli zaini avevamo tutto ciò di cui potevamo aver bisogno nel caso fossimo stati arrestati. Le donne bielorusse sono riuscite a fermare (almeno temporaneamente) le violenze attraverso la catena della solidarietà a partire dal 12 agosto.
Nel tardo autunno la polizia ha ricominciato a usare armi e violenza. Migliaia di persone sono state arrestate. Il 25 ottobre ho partecipato alla Marcia dell’Ultimatum Nazionale. I manifestanti pacifici sono stati nuovamente colpiti da lacrimogeni e proiettili di gomma. Abbiamo trovato rifugio in una casa e per fortuna nessuno ci ha tradito. Il giorno dopo la polizia mi ha arrestato nel parco comunale a causa di una foto con la bandiera bianco-rossa, pubblicata su Telegram. Mi hanno portato alla stazione di polizia, dove sono stata minacciata di essere trattenuta per 72 ore se non avessi firmato il protocollo. Sono stata rilasciata in attesa del processo e ho ricevuto una multa di 135 euro per quella foto.”
Se l’è cavata con poco per fortuna.
“Probabilmente mi avrebbero arrestato per diversi giorni, ma il fatto che io abbia un figlio piccolo è servito come circostanza attenuante. Il poliziotto che ha trovato la foto su Internet ha testimoniato contro di me. Un segno che la giustizia è morta in questo paese. Successivamente abbiamo organizzato una marcia per onorare la memoria di Roman Bondarenko, ucciso dalla polizia il 12 novembre, e ancora una volta siamo riusciti a scappare tra proiettili di gomma. Oltre 1100 persone sono state arrestate e l’intero quartiere in cui si è svolto il raduno è stato sotto assedio per 16 ore. Centinaia di persone si nascondevano negli scantinati e negli appartamenti di altre persone (estranee) per sfuggire alla polizia. Che cos’è se non una guerra contro il popolo bielorusso?”
La repressione di Lukashenko è stata feroce, colpendo in particolare i giornalisti negli ultimi giorni. Qual è la situazione reale?
“La situazione non sta migliorando. Persone condannate ad anni di prigione solo per aver lanciato un fiore a un poliziotto, multe enormi per aver indossato un vestito bianco-rosso. Un quindicenne è stato condannato a due anni di prigione per un canale Telegram. Praticamente un ragazzino è diventato un prigioniero politico! Due ragazze-giornaliste hanno avuto due anni di prigione per aver filmato una protesta. Un mio caro amico deve scontare tre anni di restrizione della libertà per aver partecipato a una delle marce in autunno e, prima del processo, ha trascorso più di 50 giorni in prigione. Di esempi ce ne sono moltissimi. Mio marito ha trascorso 14 giorni in prigione a dicembre dove le condizioni sono disgustose, disumane. Di solito le persone trascorrono in celle sovraffollate le prime ore dopo l’arresto e devono dormire per terra perché ci sono il doppio delle persone in una cella rispetto ai letti. Poi i manifestanti vengono inviati in altre prigioni dove ci sono abbastanza letti, ma se una cella è inizialmente per otto persone, l’amministrazione aggiunge quattro letti in modo che 12 persone possano dormire lì.”
A parte il sovraffollamento delle celle, le condizioni in prigione come sono?
“La luce è sempre accesa, giorno e notte. Niente acqua calda, il bagno è un buco nel pavimento nella stessa stanza in cui si trovano i letti. Il cibo è pessimo: porridge, pasta di bassa qualità, zuppa di cavoli e pane. Niente internet, niente telefoni, solo lettere scritte a mano, ma non tutte riescono a passare a causa della forte censura. Non tutte le persone ricevono l’assistenza medica necessaria. Inoltre, nulla è stato fatto contro Covid. Sia io che mio marito ci siamo ammalati subito dopo che è stato rilasciato. Il 13 febbraio il fratello di mio marito e la sua ragazza sono stati arrestati durante un piccolo concerto insieme ai musicisti e alle altre 66 persone. Anche in quel caso: dieci letti per 20 persone, niente cibo per quasi due giorni. Tutte queste persone sono state multate per una cifra pari a due stipendi mensili medi o punite con 15 giorni di arresto.”
Nonostante la repressione, la gente continua a protestare. Quali saranno i prossimi passi e gli obiettivi futuri per i dissidenti in Bielorussia?
“Continuerò la mia lotta usando metodi “soft”: niente grandi acquisti, solo le cose più necessarie, come prodotti alimentari e per l’igiene, prodotti da aziende private che non stanno sostenendo il regime. Posticiperò il più possibile i pagamenti delle utenze, stamperò volantini per informare di ciò che succede almeno il mio condominio e cercherò di condividere con il mondo la storia della nostra guerra pacifica. Il nemico interno ha occupato il nostro paese e siamo indifesi di fronte a lui, ma quel che è peggio è che ancora molte persone preferiscono non notarlo. È difficile da capire, perché di tutti i miei parenti, amici e colleghi di lavoro conosco solo una persona che ha votato per Lukashenko. Voglio credere che siamo molto vicini alla nostra vittoria. Dobbiamo solo aumentare lo sciopero nazionale, aumentare la pressione esterna del mondo civilizzato sul regime e stare al sicuro per non causare più vittime.”
Quale potrebbe essere un aiuto esterno importante per la vostra causa?
“Il regime crea prigionieri politici ogni giorno. Dovremmo chiedere all’UE di accelerare e imporre sanzioni molto forti. Le società internazionali che hanno contratti commerciali con società statali in Bielorussia dovrebbero sospendere tutti i legami. Non un solo centesimo al dittatore. Non è questo l’obiettivo, ma è un buon mezzo per combattere il regime. Lukashenko dovrebbe essere completamente isolato. L’unico dialogo possibile sarebbe con lui in ginocchio! Lukashenko non è solo l’ultimo dittatore in Europa, è il terrorista numero uno in Europa. Tutti i suoi crimini dovrebbero essere indagati da tribunali internazionali. Credo che il piano creato da Svetlana Tsikhanouvskaya, Pavel Latushko e altri contribuirà al successo della nostra lotta. La società civile dovrebbe crescere e diventare sempre più unita anche se i suoi leader sono in prigione (come Victor Babariko) o costretti a lasciare il Paese.”