Il ruolo delle organizzazioni umanitarie sarà molto importante per gestire la crisi in Afghanistan derivata dalla salita al potere dei talebani. Lumsanews ha sentito sulla questione Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.
Qual è l’impegno di Amnesty per l’Afghanistan e per la popolazione afghana?
“Prende un impegno doppio. Pretendere protezione per chi è stato evacuato e pretendere protezione per chi è arrivato. Parlo delle persone a rischio che sono alcune centinaia di migliaia e che non si è riusciti a evacuare e che non possono né rimanere in Afghanistan né essere ospitate a lungo nei Paesi confinanti, Pakistan, Iran e negli Stati dello spazio ex sovietico. E la preoccupazione è proprio questa invece che si riaggiorni la vecchia politica delle esternalizzazioni affidando ai Paesi limitrofi il compito di accogliere ed è una situazione che evidentemente non mette al sicuro né al riparo queste persone.”
E per le persone che sono state evacuate e sono arrivate in Europa?
“Per loro dobbiamo prevedere un’accoglienza di lungo periodo che quindi non si riduca a un ospitalità in centri sovraffollati e malsani ma significhi distribuzione sul territorio, permesso di soggiorno permanente, cure mediche, insegnamento della lingua, istruzione per i bambini, avviamento al lavoro, e quindi rendersi conto che sarà, con ogni probabilità, una presenza lunga. Per il resto monitoriamo con quello che abbiamo sul campo, che non sono persone di Amnesty, ma sono testimoni, difensori dei diritti umani, che naturalmente cerchiamo di proteggere in tutti i modi quello che sta accadendo e continuiamo a denunciare tutto ciò che sta accadendo in Afghanistan. Ovviamente non è possibile fare una denuncia al giorno eppure ce ne sarebbero i motivi. Però continuiamo a monitorare.”
Quali saranno le conseguenze umanitarie?
“Intanto dovremmo prenderci cura degli afghani e delle afghane che sono già in transito perché lungo la rotta balcanica ne sono passati e se ne trovano ancora a centinaia se non migliaia. Nel senso che dall’Afghanistan non si è iniziati a fuggire ad agosto col ponte aereo, si è fuggiti regolarmente in tutti questi anni. Quindi intanto è fondamentale che lungo la rotta balcanica si smetta di giocare a ping-pong con esseri umani, si accolgano nell’Unione europea e li si accolga umanamente nel rispetto dei loro diritti.”
Ci sarà una crisi migratoria, come quella degli scorsi anni, verso l’Europa?
“È difficile immaginare che ci sia un esodo di massa come quello che ci fu la prima volta che presero il potere i talebani, perché lì se ne andarono via circa quattro milioni. Ci tenevo a sottolineare quanto detto prima cioè che la politica di esternalizzazione che vuol dire affidarsi ai Paesi limitrofi, Paesi che stanno erigendo muri, l’ha fatto la Turchia nei confronti della frontiera iraniana, l’ha fatto la Grecia nei confronti della frontiera turca. Quindi non è facilmente immaginabile, sebbene ogni volta che c’è una crisi umanitaria ci sia chi titola (e ovviamente chi titola è perché qualcuno lo dice), “milioni e milioni di afghani”.”
Diversi leader europei hanno iniziato a erigere muri verbali e fisici in previsione di nuove ondate. Come dovrebbe agire l’Unione europea?
“Dovrebbe assumere una posizione politica molto netta. Qui stiamo parlando di una crisi di dimensioni straordinarie che ha bisogno di una risposta straordinaria. Se la risposta invece è quella ordinaria e insufficiente della esternalizzazione, se la risposta è quella vecchia dei muri, non ci siamo. Allora quella emozione di Ferragosto che ha fatto gridare “accogliamo, accogliamo, facciamo ponti aerei” e poi viene seguita da chiusure o da ripetersi di vecchie politiche allora siamo di fronte di nuovo a una risposta del tutto inadeguata. Non mi stupirei, perché l’abbiamo fatto con la Turchia rispetto alla Siria, l’abbiamo fatto con la Libia rispetto all’Africa sub sahariana, perché non farlo con Pakistan e Iran e i vari Stati che stanno a nord nei confronti degli afghani?”
L’Italia potrebbe ricoprire un ruolo maggiore nella situazione?
“Sarebbe auspicabile e le parole del presidente del consiglio Draghi sono parole che sono suonate all’altezza della situazione. Vuol dire che è un leader che comprende bene la natura, la dimensione delle crisi internazionali, probabilmente altri nel suo governo un po’ di meno. Ma diciamo che non è il momento ancora di fare polemiche. L’Italia deve essere all’altezza, per la sua quota di evacuati, di dare una risposta di accoglienza. E sarebbe un segnale positivo se l’Italia, insieme ad altri Stati membri, prendesse un po’ l’iniziativa per contrastare questo ritorno della vecchia politica di esternalizzazione e chiusure. Però mi sembra che un po’ tutto questo sia stato già stabilito nel Consiglio dei ministri degli esteri dei qualche settimana fa.”