Cosa ne pensa delle regole della scrittura inclusiva?
“Non userei il termine “regole”. Parlerei più di norme. Credo che ogni norma rispecchi un’esigenza della società, che cambia. La lingua, quale strumento della comunicazione della società, deve fornirle gli strumenti per comunicare al meglio. Alcuni di questi strumenti sono già presenti nella lingua, basta applicarli a nuovi casi (ex: sindaco > sindaca). Altri sono da inventare (ex: buongiorno a tutt*). Credo che, nonostante il successo derivi dall’uso, le prime abbiano più chance di successo.”
L’italiano può morfologicamente adattarsi a queste regole?
“Come detto, l’italiano ha, per alcune norme, gli strumenti per adattarvisi. Per altre no. Per queste ultime è necessario uno stravolgimento nell’uso della lingua. L’italiano è una lingua morfologicamente rigida, ma storicamente ha dimostrato di accettare forme morfologicamente non proprie (ex: presidente > presidentessa). Alcune sono un po’ estreme e prevedono un appesantimento dell’uso della lingua (ex: care/i colleghe/i). Anche se si può adattare, sarà la maggiore o minore agevolezza nell’uso da parte dei locutori a decretarne il successo.”
L’operazione francese vuole cambiare la cultura partendo dalla lingua, è possibile?
“In Francia già da tempo si cerca di studiare e controllare i fenomeni linguistici per evitare che la lingua, quindi probabilmente la cultura, cambi troppo (in senso negativo). Detto questo, io credo che la lingua sia lo specchio della società che cambia. Dai tempi della Bibbia, il maggiore potere dell’uomo è stato nominare le cose, perché nominandole, ha dato loro un’identità e persino una vita. La lingua ha pertanto un potere enorme quale filtro con la quale si vede – e si vive – la società. Quindi sì.”
Perché, secondo lei, la proposta suscita questo dibattito pubblico in Francia?
“La lingua inclusiva esiste da sempre. Se ci pensa, i morfemi (ex: -eur/-euse) e i pronomi (ex: il/elle) diversi per genere sono già una forma di lingua inclusiva. Solo che la gente tende a dimenticare che la lingua è oggi il frutto di trasformazioni che l’hanno modificata per secoli. Inoltre la pervasività della lingua scritta e la sua accessibilità a un numero vasto di persone danno oggi l’illusione che essa si possa cristallizzare. Ecco quindi che, in un paese storicamente propenso a proteggere la propria lingua come la Francia, ogni cambiamento nell’uso della lingua crea reazioni forti anche nei meno conservatori.”