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Equo compenso latitante. I giornalisti freelance chiedono chiarezza per una legge già approvata ma che stenta a decollare

di Claudia Nardi18 Settembre 2013
18 Settembre 2013

equo_compensoCi risiamo. Nemmeno il tempo di approvare la legge, che l’equo compenso per i giornalisti freelance e i collaboratori autonomi è già scomparso nel nulla. Il provvedimento, infatti, era stato approvato in Parlamento proprio allo scadere del 2012 ma, ancora, oggi, non è stato applicato perché non ne sono state ancora emanate le norme attuative.«Una pagina bella per il Parlamento», commentava allora Silvano Moffa, primo firmatario del decreto in una conferenza stampa alla Camera con il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, e il presidente della Fnsi, Roberto Natale, oltre a numerosi parlamentari che hanno lavorato al provvedimento. Peccato che sia rimasta solamente una pagina vuota.
Se guardiamo alla legge, l’art. 1 chiarisce molto bene che questa vuole “promuovere l’equità retributiva” tra i giornalisti, dando esplicita attuazione all’art. 36, primo comma della Costituzione che sancisce il diritto di ogni lavoratore a una retribuzione equa e sufficiente. Ma è davvero così? Sembra proprio di no. Al contrario, la legge sull’equo compenso è tutt’altro che prossima dall’essere adottata, sebbene la categoria dei giornalisti freelence sia la più consistente ma la meno pagata. Infatti, secondo i dati INPI, l’ente contributivo dei giornalisti, la maggioranza dei freelance e cococo guadagna oggi meno di 10.000 euro lordi l’anno, e in larga maggioranza meno di 5.000, con spese di produzione a carico. E’ evidente da queste cifre, da nessuno mai contestate, che la condizione media dei freelance e parasubordinati è oggi ben lontana da quanto prevede l’articolo 36 della Costituzione, e dalla possibilità di condurre una vita autonoma.

Sulla faccenda, intanto, si apre un barlume di speranza per gli oltre 20.000 lavoratori autonomi, cioè la metà dei giornalisti attivi nel nostro Paese. Risale infatti a ieri la dichiarazione del sottosegretario all’editoria, Giovanni Legnini, che, rispondendo a una domanda di un giornalista relativa all’annosa questione, ha affermato: «A breve convocherò la commissione per l’equo compenso durante la quale ascolterò le proposte dei vari soggetti chiamati in causa e cercherò di farne una sintesi. Finora abbiamo fatto più di una riunione e abbiamo raccolto molto materiale utile. Ascolterò i principi di equità: è un diritto dei giornalisti chiedere l’equo compenso ma è fondamentale tenere in piedi le aziende editoriali e non ammazzarle».
Malgrado gli sforzi del nuovo sottosegretario all’editoria, preoccupano ancora i dilazionamenti dei tempi, le resistenze degli editori e il mancato esame di merito di prospettive attuative. Non dimentichiamoci, però, che se la legge sull’equo compenso non verrà rispettata, l’editore potrò dire addio per sempre a qualsiasi forma di sostegno o agevolazione pubblica.
Nei prossimi gironi il dibattito riprenderà per chiedere una volta per tutti l’applicazione di una legge di cui il Paese non può più fare a meno.

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