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HomePolitica Eni, i contratti stretti dopo la guerra in Ucraina

Eni e il governo
alla ricerca di fornitori
per smarcarsi dalla Russia

L'ad Descalzi nei viaggi con Meloni

Contratti con Algeria, Libia, Eau

di Veronica Stigliani28 Marzo 2023
28 Marzo 2023

Una raffineria | Foto fi Pixabay

Per affrontare la crisi energetica il governo italiano ha lavorato in stretta cooperazione con Eni, l’Ente Nazionale Idrocarburi, di cui lo Stato detiene circa il 30% delle quote azionarie.

Anche in fase di formazione del governo, l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insediatasi a ottobre 2022, si sarebbe rivolta a Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, e ai suoi predecessori Paolo Scaroni e Franco Bernabè per la gestione della politica energetica italiana. A conferma, secondo alcuni, della sua preferenza per le fonti fossili a scapito di quelle rinnovabili.

Per Simona Abbate, della Campagna clima di Greenpeace Italia, “le fonti fossili su cui continua a investire Eni non sono sicure e spesso si trovano in regioni in cui le tensioni geopolitiche sono molto frequenti, per cui rischiamo di renderci complici di conflitti”.

Tra le ragioni della sproporzionata dipendenza dell’Italia dalla Russia vi sono proprio i rapporti stretti da Eni con la multinazionale russa Gazprom, di cui la Federazione russa è il socio azionario di maggioranza, con il 38% delle quote. Nel 2006 le due aziende avevano siglato un accordo che prevedeva un aumento progressivo della fornitura di gas, per firmare un memorandum d’intesa l’anno successivo, finalizzato alla realizzazione del South Stream, un sistema di gasdotti che avrebbero collegato la Russia e la penisola italiana via Mar Nero. Progetto accantonato nel 2014, l’anno dell’annessione della Crimea da parte della Russia, sanzionata da diversi Paesi per le sue violazioni del diritto internazionale. Ma anche con l’invasione russa dell’Ucraina Eni ha cercato di mantenere stabili gli accordi con Gazprom, acconsentendo persino ad aprire due conti bancari presso la Gazprom bank, uno in euro e uno in rubli, al fine di continuare ad acquistare gas russo senza violare le sanzioni imposte a Mosca dall’Occidente.

Assicurando che si sarebbe trattato di una scelta temporanea, dettata dalla necessità di mantenere attivo il flusso di gas verso l’Italia, Eni ha intrapreso un processo di diversificazione delle forniture. Descalzi ha definito “eccellenti” i risultati ottenuti da Eni nel 2022: “abbiamo concluso una serie di accordi e di attività per rimpiazzare in modo definitivo il gas russo entro il 2025, potendo contare sulle nostre solide relazioni con i paesi produttori e sul nostro modello di sviluppo accelerato”. Durante l’anno passato Eni si sarebbe impegnata a “progredire negli obiettivi di sostenibilità ambientale, ma anche a garantire la sicurezza energetica all’Italia e quindi all’Europa”.

A novembre 2022 l’azienda italiana, insieme alla compagnia petrolifera francese TotalEnergies, ha firmato un accordo quadro con Israele sul giacimento di gas condiviso con il Libano. La decisione è arrivata poche settimane dopo la formalizzazione da parte di Israele e Libano della divisione del giacimento, lungamente conteso. Eni e TotalEnergies avevano formato un consorzio di esplorazione delle riserve di gas al largo delle coste libanesi già nel 2018, insieme alla russa Novatek. Quest’ultima è stata costretta a ritirarsi dal progetto nel 2022 a causa della situazione internazionale, ed è stata sostituita da Qatar Energy, la compagnia nazionale qatarina, che detiene il 30% delle quote, mentre Eni e TotalEnergies ne controllano ciascuna il 35%.

I contratti firmati da Eni nel 2022-2023.

Da inizio 2023, in occasione delle visite di Meloni all’estero, Descalzi ha incontrato i rappresentanti delle compagnie petrolifere nazionali di Algeria, Libia ed Emirati Arabi Uniti.

Ad Algeri, dove Eni è presente dal 1981, Descalzi ha firmato con l’amministratore delegato dell’algerina Sonatrach, Toufik Hakkar, accordi strategici su approvvigionamento energetico, transizione ecologica e decarbonizzazione. A Tripoli, dove Eni opera dal 1959, ha siglato con il suo omologo della National Oil Corporation, Noc, Farhat Bengdara, un accordo “per avviare lo sviluppo delle Strutture A&E, un progetto strategico volto ad aumentare la produzione di gas per rifornire il mercato interno libico e garantire l’esportazione di volumi in Europa”. Secondo le previsioni, la produzione di gas inizierà nel 2026 e raggiungerà un plateau di 750 milioni di piedi cubi di gas standard al giorno.

Ad Abu Dhabi Descalzi e Sultan Ahmed Al-Jaber, ministro dell’Industria e delle Tecnologie avanzate degli Emirati e direttore generale e Ad della Abu Dhabi National Oil Company, Adnoc, hanno firmato a inizio marzo un memorandum of understanding su progetti congiunti nei settori delle energie rinnovabili, idrogeno, cattura e stoccaggio di Co2, riduzione delle emissioni di gas serra e metano, ed efficienza energetica.

Eni è la principale compagnia internazionale sia in Algeria sia in Libia, con una produzione rispettivamente di 100mila e di 165mila barili di petrolio al giorno. È già tra le principali società anche negli Emirati, dove è presente solo dal 2018.

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