Il Po chiede aiuto. Con i suoi 652 chilometri di estensione attraversa ben 187 comuni ed è il fiume più lungo interamente compreso nel territorio italiano. Non solo. Nel suo bacino si produce quasi la metà dell’energia idroelettrica nazionale. Una fonte preziosa dunque, che dovrebbe essere protetta e valorizzata, e che invece rischia di scomparire dagli scenari del Nord Italia perché chiamarato “clinicamente morto”.
In questi termini ne hanno parlato i vertici dell’Istituto Nazionale di urbanistica, che ha in agenda per martedì prossimo alla triennale di Milano, la presentazione del “Manifesto per il Po”. Si tratta di un progetto a cui hanno preso parte una ventina di associazioni ed enti pubblici, tra cui il Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale e il Fondo Ambientale Italiano, uniti per far sì che quella del Po diventi una questione politica nazionale.
Non un nuovo ente, ma “una visione strategica e comune, una rete leggera ma forte che tenga insieme le realtà già esistenti”. È quello che chiedono esperti e associazioni, per incentivare “una presa di coscienza che non può essere delegata a interventi frammentari”. Tra le prime proposte spiccano ad esempio una legge comune tra i vari territori su pesca e cave, un coordinamento unico per i prelievi idrici nei momenti di crisi, e l’unificazione della segnaletica per regolare la navigazione.
Il dossier analizza le principali emergenze ambientali e spiega come l’intervento umano le aggravi, anziché risolverle. Da un lato, infatti, i cambiamenti climatici alterano il Dna del fiume, aggravandone lo stato di salute (gran parte delle specie native di pesci ad esempio, sono minacciate). D’altra parte, però, le attività produttive dell’uomo succhiano acqua e scaricano scorie.
Un appello non solo italiano, arrivato anche dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha preso parte alla conferenza internazionale sul clima a Bonn. “Siamo di fronte alla sfida centrale dell’umanità: il cambiamento climatico”. Dato che gli impegni finora presi “non sono sufficienti” per raggiungere l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale ai livelli stabiliti, ha continuato la cancelliera, “I paesi industrializzati devono dare un maggiore contributo, perché hanno avuto una responsabilità storica nell’accrescere le emissioni”.