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Gli Stati Uniti scelgono il presidente: chi sono Trump e Clinton e cosa succederà

di Salvatore Tropea08 Novembre 2016
08 Novembre 2016

Per gli Stati Uniti d’America è arrivato il giorno della verità, il tanto atteso Election Day. I cittadini a stelle e strisce sono chiamati alle urne per scegliere tra quelli che sono stati definiti come i due candidati meno amati di sempre e certamente i più diametralmente opposti che si ricordino negli ultimi decenni. Da una parte, per i repubblicani, il vulcanico e outsider Donald Trump; dall’altra la democratica di grande esperienza politica Hillary Clinton. Unico obiettivo: la soglia dei 270 grandi elettori che sancirà l’elezione del 45° presidente degli Stati Uniti.

La corsa alla Casa Bianca, però, a poche ore dal voto, è più incerta che mai e l’esito è destinato a lasciare lunghi strascichi. Incertezze, dubbi e paure dovuti soprattutto alle personalità e ai profili politici dei due personaggi. Ma chi sono davvero i due candidati e cosa rappresentano? Quali gli scenari e le prospettive in caso di vittoria dell’uno o dell’altro?

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Da dove vengono

CLINTON – La prima candidata donna alle elezioni presidenziali, 68 anni, metodista protestante, dello stato dell’Illinois. Figlia di un piccolo imprenditore del settore tessile, è sposata dal 1975 con l’ex-presidente Bill, ha un figlia e due nipoti.

Fin dalle primarie è stata la candidata con il curriculum politico più importante. Nata inizialmente come repubblicana, è diventata democratica negli anni delle lotte per i diritti civili e delle proteste contro la guerra in Vietnam. Già ex-first lady, è stata senatrice dello Stato di New York dal 2001 al 2009, prima di diventare Segretario di Stato durante il primo mandato di Barack Obama. Fu proprio l’attuale presidente in scadenza, inoltre, a sconfiggerla nelle primarie del partito democratico del 2008.

Durante la sua permanenza al Cogresso come Senatrice è stata una delle più accese sostenitrici dell’intervento armato in Medio Oriente, nonostante fu molto critica con la gestione militare del presidente Bush. Prima di intraprendere la carriera politica ha esercitato la professione di avvocato; è stata docente di diritto penale e ha fatto parte dei CdA di alcuni colossi multinazionali.

TRUMP – Miliardario e magnate newyorkese, 69 anni, presbiteriano protestante, si accosta per la prima volta sulla scena presidenziale. Figlio di un grosso costruttore edile, dopo due matrimoni, è attualmente sposato con l’ex fotomodella Melania Knauss e padre di Ivanka. Si è laureato in economia alla Wharton School of the University of Pennsylvania e ha iniziato poi a lavorare per l’azienda paterna.

“The Donald” è a capo di un impero immobiliare con palazzi residenziali, hotel, resort, centri commerciali, casinò e campi da golf; ma è stato anche una star televisiva con il format “The Apprentice” che ha lanciato e condotto dal 2004 al 2015. La rivista Forbes ha stimato il suo patrimonio in 4,5 miliardi di dollari.

In passato ha concorso senza successo alle primarie del Partito della Riforma durante le presidenziali del 2000 e nel corso degli anni ha aderito prima al Partito Democratico e poi al Partito Repubblicano.

Chi sono

CLINTON – Hillary si è presentata fin da subito come la “continuazione del progresso”, in continuità con la politica di Barack Obama. I suoi punti di forza sono la grande esperienza politica e la potente macchina elettorale e finanziaria alle spalle. Oltre che gli importanti endorsement che gli sono arrivati da molti esponenti del suo partito e dallo stesso presidente in carica. Durante le primarie è sempre stata in testa sul “socialista d’America” Bernie Sanders e non è scesa quasi mai sotto il 40% delle preferenze, fino al 90% dell’elezione generale durante la Convention democratica.

Nel corso della campagna elettorale è stata al centro di un’indagine dell’FBI sull’uso improprio della sua e-mail privata sullo scambio di comunicazioni di carattere istituzionale mentre ricopriva l’incarico di segretario di Stato. L’inchiesta, formalmente conclusasi pochi giorni fa, ha giudicato il comportamento della Clinton “estremamente negligente ma non passibile di azione penale”.

L’ex-first lady è stata duramente attaccata in questi mesi anche per la mancanza di sicurezza in occasione dell’attentato al consolato statunitense di Bengasi, in Libia, nel 2012, dove persero la vita alcuni cittadini americani, tra cui l’ambasciatore Stevens.

Hillary rimane comunque in leggero vantaggio in tutti i sondaggi delle ultime ore e, se da un lato viene vista – insieme al marito Bill – come troppo vicina ai poteri forti, alle lobbies e agli ambienti di Wall Strett, dall’altro si è presentata come l’unica in grado di portare avanti alcune importanti conquiste della presidenza Obama, in particolare sui fronti dei diritti civili e della diplomazia internazionale.

TRUMP – Estremamente conservatore, da molti considerato populista e dai toni spesso troppo violenti. Si è contraddistinto per una campagna elettorale incentrata sulle tematiche anti-establishment, facendo breccia soprattutto sui tanti elettori delusi di destra, e sulla preoccupazione nazionale per la minaccia terroristica.  Il suo motto, “Rendere l’America di nuovo Grande”, è eloquente di quanto voglia essere un vero e proprio comandante in capo per riportare gli Usa ad essere di nuovo una superpotenza globale.

Durante le primarie per il partito Repubblicano, dopo un iniziale testa a testa con gli altri principali candidati, Marco Rubio e Ted Cruz, le preferenze a suo favore sono schizzate alle stelle, fino all’88% finale della Convention; che non è stata però priva di polemiche e incertezze. Le posizioni e i comportamenti di Trump, infatti, hanno diviso non poco lo stesso Grand Old Party, tanto da arrivare al mancato endorsement  da parte di Cruz.

Le divisioni interne al partito e alcuni – forse troppi – scivoloni politici e mediatici del tycoon di New York, hanno per mesi fatto piombare in basso la sua popolarità e dirottato le intenzioni di voto di molti americani dalla parte opposta. Al centro di molte controversie, infatti, non solo i suoi attacchi agli immigrati e alla popolazione di fede musulmana, ma anche alcune sue dichiarazioni razziste e maschiliste e le accuse di violenze sessuali e mobbing da parte di alcune sue ex-dipendenti.

Complice però il caso mail-gate della Clinton e gli ultimi confronti televisivi, negli ultimi giorni i sondaggi danno Trump in netto recupero e la corsa per la stanza ovale più aperta che mai.

Cosa faranno

CLINTON – In caso di vittoria democratica la politica statunitense – interna e estera – continuerebbe sulla strada tracciata da Obama, in particolare durante il suo secondo mandato. Hillary ha promesso di ridurre le ineguaglianze e rilanciare l’economia, in particolare con più tasse sui milionari, meno per i ceti medi e più investimenti su università e infrastrutture. Per quanto riguarda la minaccia terrorismo, invece, il programma è quello di rafforzare le difese all’interno del territorio nazionale, con una più stretta collaborazione con la comunità islamica. Sul fronte della politica estera si punta dunque sull’intensificazione della guerra contro lo Stato Islamico, soprattutto aumentando la cooperazione con le forze degli alleati e delle varie intelligence. Quello che più preoccupa gli oppositori è però la volontà di contrastare sempre di più la Russia di Putin, arrivando addirittura a fornire armi all’Ucraina.

Tra le questioni interne più dibattute nel corso della campagna elettorale quelle riguardanti l’immigrazione e le armi. La Clinton sarà un presidente votato ad una maggiore integrazione degli immigrati, con una riforma strutturale per rendere più sicure le frontiere ma, allo stesso tempo, regolarizzare molte situazioni di clandestinità. Pugno più duro userà invece sulle armi, con controlli più severi e contrastando la Nra, la lobby del settore; senza però intaccare il principio costituzionale sulla libera circolazione.

TRUMP – È forse questa la vera grande incognita di tutto il Paese e degli stessi analisti politici. Cosa porterà la possibile vittoria di un candidato outsider, ma soprattutto così imprevedibile, nonostante un programma dettagliato e molto rigido. Sul fronte dell’economia anche Trump promette riduzioni per la classe media americana, ma la sua natura da imprenditore lo porterà ad essere un presidente con il pallino di un’economia “dinamica”, con agevolazioni per tutti e uno sgravio fiscale per qualsiasi tipo di azienda, che non dovranno pagare di tasse più del 15% del proprio reddito.

Il miliardario repubblicano ha poi fatto della lotta al terrorismo e all’immigrazione i temi più caldi delle sue promesse elettorali. Un Trump nella stanza ovale porterà l’America a contrastare l’ideologia dell’Islam con tutti i mezzi possibili, lavorando a stretto contatto con i Paesi arabi alleati. Ci sarà, inoltre, un inasprimento della politica sull’immigrazione. Non solo con la sospensione dei flussi migratori da tutti quei paesi che “esportano il terrorismo”, ma anche con la creazione di un muro sul confine meridionale con il Messico. Secondo Trump “una nazione senza confini non è una nazione” e per questo vuole eliminare lo ius soli e deportare fuori dal territorio americano tutti i clandestini.

Di tendenza diametralmente opposta è il suo approccio con le armi da fuoco, per il quale non considera un problema la libera circolazione e reputa che leggi più severe non facciano diminuire i crimini. Infine, per quanto riguarda la politica estera, in caso di sua elezione Trump sarà un presidente in netto contrasto con quanto fatto negli ultimi decenni e porterà gli Stati Uniti ad un anacronistico avvicinamento con la Russia e la Cina. “The Donald” vuole infatti puntare sugli interessi comuni e ridefinire le rispettive sfere di influenza. Inoltre, suo intento è far diventare gli alleati Nato maggiormente indipendenti, impedire all’Iran di avere armi nucleari e intervenire militarmente all’estero “solo se strettamente necessario”.

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