Tanti cuori rossi, qualche pollice, poche faccette arrabbiate. Insieme alle ‘reazioni’ al post, giù cascate di commenti. Nello schermo dello smartphone sta parlando Luigi Di Maio in diretta Facebook. “Mi è arrivata la notifica del live e ho deciso di guardare” racconta Stefano, 20 anni, al secondo anno di relazioni internazionali. Per lui come per tutti i giovanissimi nati dopo il 1994 quello del 4 marzo sarà il primo voto alle elezioni politiche. Resta però da vedere se i partiti sapranno conquistarli riuscendo a parlare la loro lingua, quella digitale dei social network.
Se si considera che già nel 2016 i giovani di età compresa fra 16 e 25 anni avevano più di 8 account social a testa, è facile immaginare quanto le informazioni veicolate tramite questi mezzi durante la campagna elettorale siano cruciali. In effetti, secondo gli ultimi dati Istat Internet è la fonte primaria nella fascia di età dei millennial. Dati che, se incrociati con quelli Audiweb di settembre 2017, mostrano come sia ormai appurato il sorpasso del mobile – e quindi l’utilizzo dello smartphone – sul fisso. Anche un questionario lanciato da Lumsanews* conferma questa tendenza: il 63% degli intervistati dichiara di informarsi sui programmi della campagna elettorale su internet e il 10% esclusivamente tramite i social network.
“Soprattutto i ragazzi al primo voto vivono i social come un’estensione di loro stessi e la distinzione tra reale e virtuale è ormai sempre meno netta” spiega a Lumsanews Gianluca Comin, docente di strategia di comunicazione presso l’Università Luiss di Roma e fondatore dell’azienda di consulenza strategica Comin&Partners. “Questa presenza capillare dei giovani sulla rete fa sì che i partiti stiano quantomeno provando ad escogitare delle campagne online dedicate” prosegue Comin. La macchina del marketing elettorale cerca quindi di profilare i giovani che frequentano quasi ed esclusivamente questi nuovi ambienti informativi. “Ma il linguaggio dei social network è molto più complesso da orientare verso l’elaborazione del consenso elettorale rispetto alla scrittura o ai media tradizionali”, avverte Giorgio Borrini, fondatore dell’agenzia di comunicazione politica 2bespin.
Non sempre il target dei millennial è il primo pensiero dei politici così come i giovani non seguono più di tanto la politica e i leader dei partiti sui social (solo il 36% degli intervistati). Eppure le connessioni fra i due mondi sembrano passare proprio dai nuovi mezzi di comunicazione: “Non ci sono dati su quanto i social riescono ad influenzare la campagna elettorale, ma i social media contribuiscono sicuramente a creare un clima, specie per i più giovani che si apprestano a votare per la prima volta” dichiara a Lumsanews Gabriele Zagni, producer e social media manager di Piazzapulita, su La7. Quindi se, come fa notare Comin, “quello fra millennial e politica è un rapporto da ricucire in un paese che diventa sempre più anziano”, dal nostro sondaggio emerge proprio come i partiti che meglio usano i social abbiano maggior impatto sui giovani.
“Se il Movimento 5 Stelle è diventato la forza politica dei nuovi mezzi di comunicazione, Berlusconi è ancora il paladino dei vecchi mezzi d’informazione” scrive in un articolo Jason Horowitz, corrispondente del New York Times da Roma. I giovani intervistati da Lumsanews dichiarano, infatti, che se dovessero votare in base alle campagne online, sceglierebbero proprio il Movimento fondato Grillo e Casaleggio, quello che sui social vanta anche il primato di follower rispetto agli altri. Ma l’importanza di ambientarsi nel digitale è ormai chiara a tutti: “Ho notato un rinnovamento totale delle pagine di Forza Italia finora molto timida sui social” prosegue Comin, spiegando come anche la Lega di Matteo Salvini è dominante sui social media, grazie a un lavoro iniziato qualche anno fa.
I leader politici sono più seguiti rispetto alle pagine dei loro rispettivi partiti: “Questo è dovuto un processo di personalizzazione delle campagne elettorali, si vota la persona più che il partito” spiega a Lumsanews Francesca Comunello, docente di sociologia dei nuovi media all’Università Lumsa. Se Matteo Renzi è il più seguito su Twitter e Instagram, il primato di Facebook va a Matteo Salvini con quasi due milioni di like. I millennial premiano Renzi come leader più seguito e, dopo il Movimento 5 stelle, la Lega come partito più attivo. Ecco che seppur la pagina del partito ha meno seguito, i giovani associano il volto al partito stesso, avviene cioè la personalizzazione.
L’obiettivo che i politici devono seguire è quello che in gergo si definisce social engagement, ovvero arrivare a più utenti possibili che, nel caso di Instagram, sono essenzialmente i giovanissimi (il 67% degli intervistati usa questo social). Ma nella gestione delle pagine la politica deve fare attenzione: “I partiti non devono utilizzarle per autocelebrarsi, ma per raccontare con semplicità cosa fanno” ammonisce Comin. Nel caso del target giovanile, si sperimentano anche nuovi linguaggi: “Il 4 marzo non startene buono, #StaiBonino” recita lo slogan del partito + Europa su Instagram, dove l’hashtag ben studiato sta diventando virale, anche se la leader Emma Bonino ha recentemente dichiarato: “La democrazia non è un like”. Matteo Salvini della Lega invece mette in palio una cena con lui proprio a chi metterà più like ai post della sua pagina Facebook.
Dal lato della politica, l’uso dei social media comporta un minor costo della campagna elettorale, anche se si scontra con il problema delle fake news. “È la prima volta che nella campagna elettorale interviene la polizia postale” ricorda Zagni in merito al caso Boldrini. Ed è anche la prima volta che Facebook cambia algoritmo nel pieno della caccia al consenso sui social, “anche se i politici fanno ricorso alla sponsorizzazione” spiega Comunello. Dal lato dei millennial invece se i social costituiscono un dialogo e un’interazione diretta, la sfiducia del mondo reale si traspone anche nel digitale. “Non va dimenticato che i social retroagiscono sull’agenda generalista” ricorda la docente di sociologia, quindi seppur escono dalla porta rientrano dalla finestra della stessa campagna elettorale.
Insomma, come scrive Antonio Palmieri nel suo ultimo libro, “Con Internet non si vincono le elezioni, ma senza si perde”. Questo i partiti sembrano averlo capito, tanto da mettere in atto vere e proprie strategie sui canali utilizzati proprio dai più giovani. A differenza di qualche anno fa, “una parte del budget è sempre investito nei social media” puntualizza Borrini. Il 74% dei nostri intervistati ha dichiarato di informarsi prima di votare ed è facile capire che moltissimi lo faranno anche tramite i social media. “Preparati per le elezioni 2018” si legge adesso che la diretta è finita sullo schermo dello smartphone di Stefano. Siamo sempre sulla homepage di Facebook, dove è stato creato anche un dispositivo per confrontare i vari programmi elettorali. Difficile quindi non immaginare che l’opinione dei giovanissimi si formi proprio online prima di essere espressa offline.