Il popolo catalano, accorso in massa alle urne, ha deciso. Gli indipendentisti hanno vinto le elezioni e mantengono dunque la maggioranza assoluta al Parlament. Una risposta decisa al governo di Madrid che, dopo il referendum di ottobre e la dichiarazione d’indipendenza, aveva attivato l’articolo 155 della Costituzione. Da lì, la revoca dell’autonomia della regione, l’emissione dei mandati d’arresto per i leader catalani e l’annuncio di nuove consultazioni.
Da Bruxelles, dove si trova in esilio inseguito da un mandato d’arresto internazionale, l’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont ha commentato il risultato elettorale: “Vorrei che la Spagna non prendesse più decisioni al posto nostro”. E per quanto riguarda il premier spagnolo, Mariano Rajoy: “Sono disposto a incontrarlo – ha spiegato il leader catalano – ma non in Spagna”, per iniziare un nuovo percorso, ma “senza persecuzioni legali”.
Il futuro della Catalogna appare adesso nebuloso: nonostante la maggioranza dei seggi (70 su 135) sia andato agli indipendentisti di Junts per Catalunya, Esquerra Republicana e Cup, il primo partito si è rivelato l’unionista Ciudadanos. Il leader Alberto Rivera ha dichiarato che “non sarà facile fermare gli indipendentisti”. Per il partito infatti sarà complicato trovare i numeri per guidare un’alleanza. E ci si interroga sulle possibili azioni di Madrid nei confronti del nuovo esecutivo. Stamattina i portavoce di JuntsxCat e Erc-CatSì, Elsa Artadi e Sergi Sabria, si sono detti pronti a formare un nuovo governo, auspicando che Puigdemont “torni il prima possibile e venga eletto presidente”.
I numeri. Sorprendente il dato finale sull’affluenza: alle urne oltre l’80% degli aventi diritto, il doppio rispetto al referendum di ottobre e il 7% in più rispetto al 2015. Male il Partito popolare di Rajoy, scivolato al 3%, il suo minimo storico. Voti di cui ha beneficiato Ciudadanos. Un flop anche per Podemos, penalizzato forse dalla sua posizione ambigua: favorevole al referendum, ma non alla secessione. Il fronte indipendentista, rispetto alle elezioni del 2015, ha perso due seggi. Ma i 70 ottenuti sono comunque sufficienti a garantire la maggioranza.
Gli incriminati. Già da giorni, in Catalogna, cittadini e associazioni chiedono la liberazione dei prigionieri politici, accusati di ribellione e sedizione. In carcere c’è anche il vice di Puigdemont, Oriol Junqueras. Sono in tutto 17 (su 135) i nuovi deputati del Parlament attualmente incriminati dalla giustizia spagnola: di questi, tre sono in carcere e tre in esilio. Stamattina, per gli stessi reati, il Tribunale supremo ha dichiarato indagati altri dirigenti catalani, fra cui l’ex-presidente Artur Mas e le leader di Erc Marta Rovira, PdeCat Marta Pascal e Cup Anna Gabriel.
Le prossime mosse. Nonostante le parole dei leader separatisti circa la possibilità di formare un nuovo governo, è probabile che Madrid sia pronta a commissariare nuovamente la regione, qualora il governo stesso non rinneghi la volontà di staccarsi dalla Spagna. Sullo sfondo l’Unione europea, che ha già dimostrato la sua vicinanza all’esecutivo di Rajoy.