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E un senatore M5S pensa di dimettersi

Grillo ai dissidenti: “Caduti nella trappola”
E un senatore M5S pensa di dimettersi

di alessia.argentieri18 Marzo 2013
18 Marzo 2013

L’elezione di Pietro Grasso e di Laura Boldrini a Presidenti di Senato e Camera, se apre a un grande cambiamento con la nomina di due personalità di alto livello e non invischiate con il mondo della “vecchia politica”, divide anche le forze in campo all’interno e fuori del Parlamento italiano. L’ex procuratore nazionale antimafia è stato eletto al termine della quarta votazione, nel corso di un ballottaggio sul filo dell’ultimo voto con lo sfidante del Pdl Renato Schifani: 137 voti per Grasso e 117 per il presidente uscente. Il dilemma della scelta a Palazzo Madama tra Grasso e Schifani ha segnato una prima importante spaccatura tra i senatori del M5S. Dopo una lunga e tesa riunione, nonostante l’evidente diversità di profilo tra i due candidati, la decisione presa a maggioranza è stata quella di non appoggiare nessuno dei due, ma la scelta nel segreto dell’urna è stata disattesa da un certo numero di senatori grillini, a cominciare da quelli eletti in Sicilia.

Beppe Grillo ha allora minacciato l’espulsione per i senatori del M5S che hanno votato per Grasso dichiarando che «hanno mentito agli elettori» dato che «non hanno rispettato il codice di comportamento del movimento secondo il quale le votazioni in aula vanno decise a maggioranza dei parlamentari del M5S » e per questo «hanno tradito l’elettorato». E oggi ha aggiunto intervenendo attraverso il suo blog: «Il M5S non deve cadere in queste trappole. Comunque, in gioco non c’è Grasso, ma il rispetto delle regole del M5S. Non si può disattendere un contratto. Chi lo ha firmato deve mantenere la parola per una questione di coerenza e di rispetto verso gli elettori». Ma i senatori invitati a dimettersi stavolta non tacciono e rispondono al leader, rivendicando autonomia di giudizio senza voler tradire la linea del movimento. «Sicuramente ieri nella cabina elettorale qualcuno di noi ha agito in coscienza e questa è stata una grande espressione di libertà, di quello che è il nostro spirito», ha dichiarato Vito Crimi, capogruppo del M5S al Senato, in un video pubblicato durante la notte su Facebook.

C’è anche un senatore che si autoaccusa e si dichiara pronto a dimettersi. E’ Giuseppe Vacciano, di 40 anni, ex-impiegato alla Banca d’Italia, di origine napoletana ma eletto nel Lazio, che spiega così su Facebook la sua decisione di votare per Grasso: «Di fronte al rischio di vedere nuovamente una persona come quella proposta dal Pdl quale seconda carica dello Stato, e non credo che i cittadini italiani meritino una cosa del genere, pure con mille dubbi e consapevole che tra Pd e Pdl non esiste il meno peggio, ho votato Grasso». E aggiunge: «Lunedì e martedì sarò a Roma per discutere l’opportunità delle mie dimissioni. Se si cercano i colpevoli di ‘alto tradimento ai principi del M5S’, ecco, uno l’avete trovato. A volte seguire la propria coscienza porta a delle scelte e io, liberamente, ho deciso di farne una».

E sulla vicenda anche la base del movimento è molto divisa. Da una parte c’è chi ritiene, come il capo del movimento, che i dissidenti debbano essere espulsi, dall’altra chi invece difende la libertà di coscienza e la scelta del voto a Grasso. «Con il vostro voto inutile avete resuscitato il cadavere Bersani. Dimissioni immediate per i 12 traditori. Forza Beppe resisti», scrive Giovanni M. e come lui tanti altri che approvano il diktat di Grillo. Ma moltissimi non sono d’accordo, come Vittorio Di Battista, che scrive: «Sono d’accordo con quei senatori che tra mafia e antimafia hanno scelto l’antimafia», o come Francesco Iardella che dice: «Solidarietà a chi ha avuto il coraggio di votare Grasso».

Intanto i nuovi presidenti di Camera e Senato sono stati ricevuti ieri al Colle da Napolitano che li ha accolti con grande calore, dopo aver pronunciato un discorso in cui ha fatto appello all’unità per superare la crisi dichiarando: «Non dividiamoci in fazioni, non contrapponiamoci su tutto, ritroviamo la voglia di stare assieme e l’interesse generale, con senso di responsabilità e spirito costruttivo». Si apre adesso il percorso per il governo con le consultazioni che partono mercoledì. E Alfano lancia il suo messaggio al Pd: «Potrebbe esserci un “sì” del Pdl a un governo Bersani se il Pd accetterà di eleggere alla presidenza della Repubblica un “moderato”. Crediamo che dopo tre presidenti di sinistra il popolo dei moderati meriti un rappresentante alla presidenza della repubblica». Ma la replica del Pd arriva dopo poco, ed è di netta chiusura: «Per scambi indecenti qui non c’è recapito».

Alessia Argentieri

 

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