“Ora è tutto risolto, ci siamo capiti e andiamo avanti insieme”. Con queste parole dalle colonne del Corriere della Sera di oggi il commissario all’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri annuncia l’armistizio con Federfarma. Nei giorni scorsi infatti, da più parti, erano arrivate lamentele sull’organizzazione e la distribuzione dei dispositivi di protezione individuale su tutto il territorio italiano.
Il commissario, ormai 20 giorni fa, aveva annunciato che dal 2 maggio i cittadini avrebbero potuto acquistare le mascherine a 50 centesimi in 50 mila farmacie, ma così non è stato e, in particolare, Ferderfarma, la federazione nazionale unitaria dei titolari di farmacia, e Assofarm, il sindacato dei servizi farmaceutici e delle società che gestiscono le farmacie pubbliche, hanno accusato Arcuri di volerli forzare a lavorare in perdita. “Se i distributori e i farmacisti comprano a un prezzo maggiore gli viene ristorata la differenza. Come fanno a rimetterci?”, si difende stamane il numero uno di Invitalia.
Arcuri ha quindi spiegato che la crisi dell’approvvigionamento delle mascherine è stata causata dall’assenza pressoché totale di un’industria nazionale del settore. “Il luogo dove si fanno mascherine è la Cina. In più – ha proseguito il commissario – abbiamo da fare una montagna di certificati, validazioni, burocrazie”. Arcuri, quindi, ha rilanciato, numeri alla mano, le mascherine prodotte in Italia “attualmente sono già il 15% del fabbisogno nazionale e a ottobre sarà il 100%”. “Nell’immediato darò altri 10 milioni di mascherine ai distributori delle farmacie per integrare i loro approvvigionamenti e fare in modo che si trovino anche lì a mezzo euro, non solo nei supermercati”, ha precisato. In queste ore è anche in via di definizione anche un accordo per la distribuzione presso 50 mila tabaccai.
Il commissario, infine, non ha risparmiato chi lo ha attaccato per il calmiere dei prezzi imposto, secondo il quale le mascherine chirurgiche (tipo Ffp1) sono attualmente in vendita e continueranno ad essere vendute a 0,50 euro più Iva. Per Arcuri “chi critica questo ha una doppia morale per quelli che si indignano in diretta non è mai un problema trovare una mascherina a 5 euro. Per il figlio del loro portiere, sì”.
A partire dall’inizio della “fase 2” , lo scorso 4 maggio l’uso della mascherina è diventato obbligatorio nei luoghi chiusi accessibili al pubblico, come sui mezzi di trasporto pubblico ed esercizi commerciali e comunque là dove non sia possibile garantire continuativamente la distanza di sicurezza. Vi sono poi anche normative più stringenti come in Lombardia, Veneto e Lazio; in questi territori i governatori hanno prescritto l’utilizzo del dispositivo di protezione individuale sempre quando si è fuori di casa.
È consentito l’utilizzo di mascherine lavabili, anche auto-prodotte, ma con l’obbligo che siano costituite da materiali multistrato idonei a fornire un’adeguata barriera, che comunque non dovranno essere né tossici né allergizzanti né infiammabili. Nel caso delle cosiddette “mascherine di comunità” sarà possibile lavarle se queste sono confezionate con materiali che resistono a temperature non inferiori ai 60 gradi.