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L'amico di Dall'Oglio
"Fonti Isis parlano di Paolo
Non era mai accaduto"

"È un mistico, vive l'urgenza di fare

Sognava un incontro tra Papa e Imam"

di Giorgio Saracino07 Febbraio 2019
07 Febbraio 2019

Padre Paolo Dall'Oglio in una immagine di repertorio. ANSA

“Chi se lo poteva aspettare, chissà come è adesso”. Inizia così la conversazione con Riccardo Cristiano, giornalista e amico di Paolo Dall’Oglio, il prete scomparso il 29 luglio del 2013 in Siria. “Questa notizia del Times merita di essere letta con serietà e attenzione”.

Si spieghi.

È la prima volta che fonti vicine dell’Isis parlano di Paolo. Non era mai accaduto prima; non era stato neanche mai rivendicato il rapimento. Loro sarebbero pronti a liberare i tre ostaggi in cambio della possibilità di lasciare in sicurezza il Paese.

 

Ed è una richiesta plausibile?

Durante la guerra siriana è successo in numerose occasioni. Ma la domanda è un’altra: chi ci potrebbe essere da proteggere, tanto da indurli a trattare con tre ostaggi? Noi sappiamo che gli americani hanno mandato delle squadre in una zona della Siria per catturare Abu Bakr al Baghdadi: forse ci sono in ballo i pezzi grossi dell’Isis.

 

Ma è solo una delle possibilità.

È uno scenario con tutti i tasselli al posto loro. Per quanto riguarda il rapimento, possiamo pensare che sia avvenuto per usare Paolo come “scudo umano”, da mettere in prossimità di obiettivi per evitare che vengano attaccati.

 

Che ricordo ha di padre dall’Oglio?

Una persona la cui caratteristica è l’eccezionalità, vive l’urgenza del fare nella società. Riesce a essere binario: ha la profondità e il distacco del mistico e il coinvolgimento dell’uomo che vuole fare anche mentre parla. E coinvolge il prossimo a farlo, come ha fatto a Mar Musa.

 

Ovvero?

Ha scoperto i ruderi di un monastero cattolico siriaco dell’XI secolo e l’ha rimesso in sesto. Lo fece insieme a Padre Jacques Murad, anche lui sequestrato dall’Isis per sei mesi nel 2015.

 

Lo ha sentito?

Sì. Mi ha detto: “Questa notizia è il prodotto di Abu Dhabi. Paolo aspettava da trent’anni l’incontro tra un Papa e l’Imam negli Emirati Arabi: se è vero che l’incontro c’è stato, allora è vero che Paolo è vivo”. Ho parlato anche con i familiari: sono timorosi nello sperare troppo, ma felici.

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