Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina sono milioni gli uomini, le donne e i bambini costretti a fuggire perché non hanno più una casa, un lavoro e soprattutto un futuro in una terra ormai dilaniata dalle bombe. Intraprendono viaggi difficili e pericolosi per cercare, in Europa, una vita migliore. In tanti coltivano però la speranza di tornare un giorno a casa. Come Maria che, dopo essere scappata dall’Ucraina insieme ai suoi due figli, ora vive a Roma. “Sono immensamente grata all’Italia per averci ospitato, ma se potessi tornerei a casa anche a piedi” racconta a Lumsanews.
Tra le molte conseguenze del conflitto, infatti, una delle più importanti è costituita sicuramente dalla moltitudine di persone che hanno abbandonato il Paese alla ricerca di sicurezza e fortuna.
La maggior parte delle persone accolte, secondo i dati del Ministero dell’Interno, sono donne e bambini. Gli uomini, rimasti in Ucraina a combattere, sono una percentuale residua.
Secondo gli ultimi dati dell’UNCHR, l’ Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, dall’inizio del conflitto russo-ucraino sono poco più di 8 milioni i rifugiati ucraini in Europa. Se la Polonia da febbraio a oggi ha accolto circa 1 milione e mezzo di persone, ben più modeste sono le cifre dell’Italia che, al 31 gennaio 2023, risulta aver ospitato circa 169.000 profughi.
Numeri che hanno spinto l’Europa a immediati interventi normativi, come successe già nel 2001 dopo i conflitti armati sui Balcani occidentali. Allo scoppio del conflitto l’Unione europea ha attuato la direttiva sulla protezione temporanea, che riconosce ai profughi tutela e protezione immediate nel caso di grandi numeri di sfollati.
In questo modo, infatti, riescono ad ottenere più rapidamente il permesso di soggiorno, che gli consente non solo di vivere in uno Stato membro, ma anche di curarsi, di andare a scuola o di trovare lavoro. Possono accedere alla protezione temporanea i cittadini ucraini e i loro familiari, i cittadini non ucraini e apolidi beneficiari di protezione internazionale in Ucraina e cittadini non ucraini titolari di un permesso di soggiorno permanente.
La protezione ha validità di almeno un anno e può essere rinnovata fino ad un massimo di tre a seconda dell’evoluzione della situazione in Ucraina. Degli 8 milioni di profughi giunti in Europa sono quasi 5 milioni quelli che hanno richiesto assistenza temporanea in un paese membro dell’Unione europea. Come evidenziato dal presidente della Fondazione Progetto Arca, Alberto Sinigallia, la protezione temporanea non privilegia i profughi ucraini rispetto agli altri “l’assistenza garantita agli ucraini è la stessa che viene garantita a qualsiasi altro profugo”.
La risposta dell’Unione europea all’esodo umano che ha stravolto il vecchio continente è stata senza precedenti. Oltre alla protezione temporanea per sostenere il più possibile il popolo ucraino – tanto dal punto di vista militare quanto umanitario – le istituzioni europee hanno stanziato fondi per 17 miliardi.
La risposta italiana all’emergenza dei profughi ucraini
L’Italia, per gestire al meglio l’accoglienza degli sfollati, ha definito un sistema che prevede diverse forme di supporto tra loro collegate. Il primo passo è stato verificare, grazie alle Prefetture competenti, quali e quante fossero le strutture attrezzate per l’accoglienza dei profughi.
Un decreto legge, a fine marzo 2022, ha inoltre definito le modalità della cosiddetta “accoglienza diffusa” che consente sia alle strutture appartenenti ad associazioni e fondazioni sia alle famiglie di accogliere, su base volontaria, i profughi ucraini.
Tra le tante associazioni impegnate in questo senso, c’è la Fondazione Progetto Arca, che, a Milano, ha accolto in una delle sue strutture madri e bambini provenienti dall’Ucraina. Presso la struttura alloggiavano già donne e bambini provenienti dall’Africa e, se in un primo momento le differenze culturali tra i due gruppi hanno reso problematica la convivenza, con il tempo, come sottolineato dal presidente di Progetto Arca Sinigallia, “le difficoltà comuni hanno aperto orizzonti di comprensione reciproca molto ampi e profondi”.
L’aiuto economico per le famiglie in fuga dalla guerra
L’accoglienza dei profughi ucraini ha avuto, naturalmente, per lo Stato italiano un costo in termini economici.
I rifugiati che hanno trovato da soli una sistemazione – anche presso parenti, amici o famiglie ospitanti – hanno avuto diritto, per tre mesi, ad un contributo di 300 euro mensili. Chi ha figli, inoltre, ha avuto un contributo ulteriore di 150 euro per ogni minore a carico.
I profughi accolti, invece, da strutture gestite da enti e associazioni di terzo settore, così come quelli accolti dai Cas – centri di accoglienza straordinaria – e Sai – sistemi di accoglienza e integrazione -, non hanno diritto ad alcun contributo economico diretto. In questo caso, infatti, sono le strutture a percepire un rimborso di 33 euro al giorno per ogni profugo ospitato. La cifra totale per il mantenimento di ciascun profugo presso una struttura è, quindi, di circa 990 euro al mese.
Il fatto che quasi il 90% dei profughi ucraini sia stato accolto da famiglie italiane o da famiglie ucraine da tempo in Italia ha consentito, quindi, un notevole risparmio allo Stato italiano.
Cure mediche e assistenza psicologica dopo l’orrore
A prescindere dal riconoscimento o meno del permesso di soggiorno, tutti i profughi provenienti dall’Ucraina, sin dai primi momenti, sono stati assistiti con le cure mediche necessarie. Molti al loro arrivo in Europa erano, infatti, sfiancati e in condizioni critiche dopo estenuanti giorni di viaggio per scappare da una terra già dilaniata dalla guerra.
Ricorda Maria a Lumsanews: “È stato un viaggio molto lungo e stancante. Severodonetsk – racconta – non ha collegamenti ferroviari, perciò siamo dovuti andare a Lisichansk, nell’oblast’ di Luhans’k, per prendere il treno. Abbiamo percorso tutto il tragitto in auto sotto le esplosioni, ma in qualche modo siamo riusciti a raggiungere la stazione. Lì abbiamo scoperto che sul treno che partiva eravamo più di 2.500 persone: otto volte la capienza normale. È impossibile capire come e in che condizioni stavamo viaggiando. Nelle cuccette, in un posto letto singolo c’erano fino a otto bambini”.
Per superare i disturbi da stress post traumatico, il ricordo dell’orrore delle bombe, il dolore per l’incertezza della sorte delle proprie case e dei propri mariti e padri – andati a combattere al fronte – è stata la terapia psicologica, fornita gratuitamente ai profughi da parte dello Stato.
Come nota il presidente della Fondazione Progetto Arca, Alberto Sinigallia, uno degli ostacoli principali nell’assistenza psicologica dei profughi, tuttavia, è la lingua. “È molto difficile trovare psicologi che parlino l’ucraino, il lavoro dei volontari in questo senso è stato determinante. In più, soprattutto con i bambini, la terapia si può fare anche attraverso il gioco, la gestualità, il disegno” spiega.
Lavoro: una tappa fondamentale per il futuro
Il lavoro è fondamentale per l’integrazione degli ucraini nel tessuto sociale italiano. Dopo la richiesta di protezione temporanea ai profughi è concesso di essere assunti come dipendenti in aziende italiane o di aprire una propria attività. Hanno, inoltre, la possibilità di frequentare un corso di formazione professionale o di fare un tirocinio.
A quasi un anno dallo scoppio del conflitto, molti profughi ucraini sono riusciti a trovare lavoro in Italia. Il che gli ha permesso non solo di integrarsi al meglio, ma di immaginare un futuro italiano anche dopo la fine della guerra.
Per molti, tuttavia, la mancata conoscenza della lingua italiana è un ostacolo importante nella ricerca di un’occupazione. Come nel caso di Daria e di suo marito, profughi ucraini che si sono trasferiti in Italia subito dopo lo scoppio del conflitto. “Non tutti parlano inglese. Se non conosci la lingua, è molto difficile vivere la quotidianità o trovare un lavoro. La mia priorità, al momento, è imparare l’italiano. Faccio del mio meglio per riuscirci il prima possibile”.
La scuola: una nuova normalità per tanti ragazzi
Un altro tassello fondamentale dell’integrazione è stata per migliaia di bambini e ragazzi la scuola. Per rendere il loro inserimento il più agevole possibile, le istituzioni europee hanno previsto dei supporti economici per gli istituti scolastici e una formazione specifica per gli insegnanti. La formazione dei docenti è stata fondamentale per superare gli ostacoli linguistici e aiutarli a relazionarsi con bambini e ragazzi traumatizzati dagli orrori della guerra, come racconta Maria. “Mio figlio più piccolo va all’asilo. Gli piace molto, ci sono degli insegnanti meravigliosi. Capisce già quello che gli viene detto in italiano”. Gli studenti più grandi, invece, come spiega il presidente della Fondazione Progetto Arca, “hanno continuato a studiare con le proprie scuole in Ucraina grazie alla didattica a distanza”.
Quale sarà l’epilogo del conflitto russo-ucraino e con esso le sorti di milioni di persone è difficile dirlo. Alcuni torneranno in patria, altri rimarranno a vivere nel vecchio continente. Nel frattempo, però, è certo che l’Europa ha creato per milioni di profughi le condizioni per sentirsi a casa e per ricominciare a immaginare il futuro.