All’indomani dello spoglio elettorale sulle elezioni amministrative 2021, Angelo Panebianco, politologo, saggista e editorialista del Corriere della Sera, ha analizzato per Lumsanews le prospettive future dei principali partiti italiani.
Il centrosinistra ha vinto queste elezioni amministrative. Secondo lei cosa ha sbagliato il centrodestra e quanto hanno pesato le sue scelte sull’astensione dal voto?
“I candidati del centrodestra sicuramente non erano quelli più adeguati e questo ha pesato sull’astensione, che solitamente pesa più a destra che a sinistra nelle amministrative. Certamente la combinazione di candidati donna trainanti e di una storica scarsa disponibilità al voto dell’elettorato del centrodestra ha influito. Più in generale però ha pesato la disattenzione, un elemento che va molto al di là dei problemi del centrodestra. Vorrei ricordare poi che le elezioni amministrative sono diverse da quelle nazionali, perché si svolgono con un sistema elettorale diverso, in cui conta la qualità dei candidati. Dunque avere selezionato un candidato giusto, avere localmente una classe dirigente più autorevole e credibile dà necessariamente un vantaggio (e storicamente questo vantaggio è andato quasi sempre al centrosinistra). Stavolta però ci sono state alcune differenze, che riguardano proprio il centrodestra. La principale delle quali è stata data dalla dura sconfitta della Lega al nord, in particolare a Milano e a Torino. Questo aprirà sicuramente dei conflitti all’interno del centrodestra”.
Ecco, quanto influirà questo voto sugli equilibri del centrodestra e anche del centrosinistra?
“Credo che gli equilibri saranno scossi soprattutto in relazione alle elezioni del presidente della Repubblica. È possibile che ora la competizione tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni porti il primo a stipulare un qualche tipo di accordo con la sinistra per le elezioni presidenziali. Ci potrebbero essere anche accordi da parte di Fratelli d’Italia, ma comunque in competizione con quelli di Salvini. Per quanto riguarda il centrosinistra poi anche lì c’è una difficoltà non da poco data dalla prevista frana dei 5 Stelle che creerà problemi all’interno del partito e inevitabilmente anche al Pd che al momento è orientato a un’alleanza con il Movimento. Dico al momento perché poi in sede di voto nazionale le cose potrebbero cambiare. Credo però che adesso il segretario del Pd, che ha rincorso i 5 Stelle su certe proposte, dovrebbe raddrizzare la sua strategia in funzione di un voto nazionale che prima o poi ci sarà”.
A proposito di 5 Stelle, in queste elezioni solo l’alleanza con il Pd gli ha permesso di trionfare. È il crollo definitivo di un progetto?
“Il progetto del Movimento era già crollato da un pezzo. Si sapeva che il caso dei 5 Stelle fosse un caso di “flash party”, un partito lampo che entra, ottiene grandi successi e poi è destinato a ridimensionarsi considerevolmente, e questo è accaduto praticamente dappertutto. Ma il crollo era praticamente previsto e scontato. Prima i 5 Stelle pensavano di poter usare la popolarità che Giuseppe Conte aveva ottenuto per tamponare questa discesa ma questo non è accaduto e adesso Conte è in difficoltà all’interno del partito, con l’ala dura farà sentire pesantemente la sua voce. Non credo però che tutto questo abbia immediati riflessi sul governo”.
Quanto influirà questo voto sul governo e sulla corsa al Quirinale?
“La partita della presidenza della Repubblica e la partita del governo sono strettamente intrecciate. Se sorgerà un movimento teso a portare Mario Draghi alla presidenza automaticamente questo metterà in difficoltà il governo. Questo non significa necessariamente elezioni anticipate, anche perché un presidente appena eletto è difficile che sciolga subito le Camere. Potrebbe esserci un’altra soluzione parlamentare ma certamente solo un elezione di Draghi al Quirinale avrebbe dei riflessi immediati sul governo, nel senso che si dovrebbe o andare a elezioni anticipate o scegliere un’altra personalità in grado di tenere insieme una coalizione molto ampia. La mia impressione però è che buona parte del Parlamento e dei partiti non abbia voglia di andare alle elezioni immediate anche perché il Pd sa bene che i suoi attuali successi non sono completamente suoi. Voglio dire: Matteo Lepore a Bologna avrebbe vinto anche in caso di arretramento del Pd perché c’era una coalizione di forze importante che lo sosteneva. A Milano poi il successo è stato soprattutto personale di Giuseppe Sala, che non è nemmeno iscritto al Pd. Il Pd più che altro ha ottenuto un buon risultato di lista”.