Prende quota la possibilità del voto di fiducia sul decreto Sicurezza. Il testo arriva oggi alla Camera, dopo l’approvazione del 7 novembre al Senato. “O viene approvato in una settimana, oppure non diventa legge: non vorrei aver lavorato inutilmente per mesi” ha dichiarato questa mattina il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Non dovrebbero esserci rischi: nonostante gli emendamenti presentati dalle opposizioni siano più di 500, il testo del decreto tanto voluto dal segretario leghista non dovrebbe subire stravolgimenti. Il governo sarebbe infatti deciso a porre la fiducia sul “dl Salvini” per concludere senza ulteriori problemi un iter parlamentare fin troppo tormentato e che ha più volte messo in crisi la tenuta della maggioranza.
Più di un parlamentare dei 5 Stelle ha infatti espresso i propri dubbi sul decreto simbolo del leader del Carroccio. Prima a Palazzo Madama, con una fronda guidata dai senatori Elena Fattori e Gregorio De Falco, poi a Montecitorio, dove 18 “dissidenti” hanno presentato cinque emendamenti per la modifica del testo uscito dal Senato.
Ma il mal di pancia è durato meno di una settimana. Gli oppositori a 5 Stelle alla Camera hanno ritirato gli emendamenti giovedì, soprattutto per le minacce di Salvini sulla tenuta del governo.
“Non c’è alcun baratto di valori tra noi e la Lega” ha dichiarato il Guardasigilli Alfonso Bonafede questa mattina, rispondendo su Repubblica a una domanda sul legame tra dl Sicurezza e dl Anticorruzione: “Sono provvedimenti che corrono su binari differenti”. “Le perplessità che suscitava in me questo testo sono state superate grazie al lavoro parlamentare” ha sostenuto invece Giuseppe Brescia, deputato M5S molto vicino al presidente della Camera Roberto Fico, a capo della commissione Affari costituzionali.
Se il governo decidesse di porre la fiducia, l’Assemblea voterebbe domani. Scontati i voti a favore di Lega e M5S, a cui si aggiungerebbero quelli di Fratelli d’Italia. “Sosteniamo il decreto, migliore di quello precedente, nonostante sia solo una cura palliativa, il pagamento di una promessa elettorale” ha affermato Wanda Ferro, vicecapogruppo del partito di Giorgia Meloni.