La vicenda di Dj Fabo ha riaperto in Italia il dibattito sull’eutanasia. Un tema delicato, di cui discutono da anni giuristi, politici e scienziati. Fabiano Antoniani, divenuto cieco e tetraplegico in seguito ad un incidente d’auto quasi tre anni fa, oggi ha posto fine volontariamente alla propria vita, in Svizzera. Fabo ha criticato l’inerzia delle istituzioni: «Nessun parlamentare ha il coraggio di metterci la faccia per una legge dedicata alle persone che soffrono e non possono morire in casa propria». Tre giorni fa l’approdo del disegno di legge sul Biotestamento alla Camera ha subito infatti il terzo rinvio, inducendolo alla decisione. La sua storia ha spaccato il web: c’è chi giudica incivile un Paese che costringe ad emigrare anche per morire e chi difende ad oltranza il diritto alla vita.
In Italia il termine eutanasia viene spesso collegato al caso di Eluana Englaro, la cui vita venne interrotta nel 2009 dopo 17 anni passati in stato vegetativo, in seguito ad un incidente stradale. Ma il padre, Beppino, dalle colonne del Corriere della Sera spiega che i due casi sono incomparabili. «Autodeterminazione terapeutica ed eutanasia sono due cose diverse. Eluana lottava per un diritto: la libertà di dire no ad una cura». La causa di Dj Fabo ha ricevuto l’appoggio di Roberto Saviano, che su Facebook ha spiegato come in Italia la libertà di scelta non sia rispettata a causa di una «mancanza di volontà politica a riconoscere e affermare i diritti delle persone». L’Associazione Luca Coscioni, che da anni lotta per affermare i diritti delle persone malate e con disabilità, ha affiancato Fabo nel suo ultimo viaggio, tramite Marco Cappato, politico radicale e tesoriere dell’associazione.
Gianluigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita Italiano ha accusato proprio l’associazione Coscioni di sciacallaggio mediatico. «È sotto gli occhi di tutti il tentativo di sfruttare l’umana tragedia di Dj Fabo per condizionare il dibattito parlamentare». Dalle pagine di Avvenire, invece, arriva oggi un appello a Fabo da parte di un disabile in gravissime condizioni. Matteo, di 19 anni, durante il parto ha subito un’asfissia che lo ha reso totalmente privo di indipendenza. «Anche io ho voluto morire. Però noi possiamo ancora pensare e il pensiero cambia il mondo». L’Arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Zuppi, ha invece spiegato come sia difficile parlare di situazioni del genere: «Direi ad Antoniani che la sua vita ha sempre un’importanza». Il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, in un’intervista a La Repubblica ha sottolineato la differenza tra la percezione della storia da parte del cittadino e del legislatore: «Come cittadino chiederei quello che chiede lui. Come legislatore però penso che l’Italia dovrebbe dare una risposta normativa a casi come questi. Eppure non riusciamo a fare non dico una legge sull’eutanasia, ma nemmeno sul testamento biologico. Si difende l’obiezione di coscienza, non la volontà di coscienza». Una controversia infinita, che in questi momenti però lascia il posto al rispetto per il dolore della famiglia Antoniani.