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Disturbi alimentari, il volto nascosto della pandemia

di Enrico Scoccimarro15 Marzo 2021
15 Marzo 2021

L’anno pandemico non ha alterato solo le relazioni con gli altri. Anche il rapporto con sé stessi e con il proprio corpo è stato influenzato dalla crisi sanitaria ancora in corso, con importanti conseguenze sul piano psicologico. Oltre il 30% della popolazione giovanile si è infatti aggiunta ai tre milioni di italiani che già soffrono di disturbi del comportamento alimentare (DCA). Il 15 marzo è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla dedicata a essi.

Sotto la definizione di DCA rientrano patologie e disagi di natura psicologica e psichiatrica caratterizzati da un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. In passato si pensava colpissero prevalentemente il sesso femminile, ma oggi sappiamo essere piuttosto diffusi anche tra i maschi, il più delle volte in adolescenza.

“In Italia muoiono 3000 ragazzi l’anno per cause dirette e indirette legate ai DCA, ma c’è pochissima prevenzione e non esiste formazione di personale specializzato”, spiega a Lumsanews lo psichiatra e psicoanalista Leonardo Mendolicchio, responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Riabilitazione DCA all’Istituto Auxologico di Piancavallo (Verbania).

I principali disturbi sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED), ma i manuali diagnostici descrivono anche altri casi correlati, come quelli della nutrizione (feeding disorders) e dell’alimentazione sotto-soglia.

Altrettanto importanti sono anche i problemi legati alle dipendenze da cibo o ai comportamenti alimentari rigidi e stereotipati come l’ortoressia, ovvero l’ossessione per il cibo sano, o la vigoressia, il mito del corpo muscoloso.

La dipendenza dal cibo si caratterizza invece per il consumo compulsivo di alimenti appetibili e crea una forma di dipendenza simile a quella da fumo, alcol e droghe. C’è anche un collegamento con il consumo di cibi ad alto contenuto di grassi: la loro assunzione aumenta la produzione di endocannabinoidi (composti simili a quelli presenti nella marijuana) che inviano al cervello segnali volti a richiederne altri. Si crea così una compulsiva ricerca del piacere guidata dalla dopamina, un neurotrasmettitore i cui livelli aumentano prima e durante un’attività piacevole e che collega il sistema limbico, che si occupa delle emozioni, con l’ippocampo, che invece è responsabile della memoria. Le attività piacevoli vengono così collegate a ricordi intensi e allettanti: il problema sorge quando questi prendono il sopravvento sulla libertà di scelta della persona:

“Contemporaneamente alle restrizioni alimentari, si possono alternare comportamenti di eccesso che minano la fiducia del soggetto nel trovare un contatto reale con il proprio corpo e che lo renda capace di sentire sensazioni ed emozioni”, spiega a Lumsanews la dottoressa Flaminia Cordeschi, psicologa-psicoterapeuta e presidente del centro disturbi alimentari di Roma.

Nella vita accadono poi eventi che condizionano le azioni quotidiane: è il caso della pandemia.

“Il confinamento e le situazioni familiari complesse che si sono venute a creare hanno comportato un aumento dei casi di DCA, acutizzando in modo feroce dinamiche che erano già in atto, ma camuffate dal modo di vivere”, sottolinea in proposito la presidente e fondatrice dell’associazione bulimia e anoressia Fabiola De Clercq.

“In alcuni casi il disturbo è iniziato quando il rallentamento del ritmo della vita ha reso possibile un maggior contatto con sé stessi, vissuto come problematico e irrisolto”, aggiunge la dottoressa Cordeschi.

Ma i disturbi non colpiscono solo i giovani: “Gli adulti hanno riversato nel cibo tutte le inquietudini di questo periodo, estremizzando i comportamenti alimentari in ambo i sensi” ha spiegato il dottor Mendolicchio.

Un fenomeno che va dunque combattuto e sconfitto: questo l’obiettivo comune, ma per raggiungerlo esistono diverse strategie. Una di queste è senza dubbio l’educazione alimentare e la cultura culinaria del territorio.

Come suggerisce Cordeschi infatti, la chiave è “favorire situazioni di confronto nella scuola”. Oltre a questo Mendolicchio aggiunge che è fondamentale il recupero della cultura legata al cibo in quanto “siamo il paese con il più alto tasso di obesità infantile di Europa”, individuando tre legami funzionali con il cibo: territorio, tradizioni e innovazione.

Altre strategie sono il coinvolgimento delle famiglie nella cura, come sostengono le presidenti delle associazioni, e il giusto orientamento delle risorse economiche sanitarie, come avverte il dottor Mendolicchio: “Le risorse sanitarie destinate alla cura e alla ricerca dei DCA sono circa un quarto di quelle destinate alle demenze e un quinto di quelle destinate all’autismo, perciò è determinante stimolare l’opinione pubblica”.

Per Cordeschi è fondamentale anche “parlarne nei media di ogni tipo” in quanto “aiuta a chiedere aiuto” per superare il timore di essere diverso e sbagliato: la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla è l’occasione giusta.

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