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HomeCronaca Disconosco lo Stato, poi rapiscono il loro figlio: coppia condannata a Torino

Disconoscono lo Stato
poi rapiscono loro figlio
Coppia condannata a Torino

I due appartengono al "Popolo unico"

I fatti risalgono al maggio del 2018

di Patrizio Ruviglioni19 Febbraio 2019
19 Febbraio 2019

La scritta 'La legge è uguale per tutti' durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario a Genova, 25 gennaio 2014. ANSA/LUCA ZENNARO

Disconoscere lo Stato, le leggi nazionali e quelle internazionali. È successo a Torino, dove una coppia è stata condannata dal tribunale per sequestro, tentato sequestro e maltrattamenti in famiglia. “Non riconosciamo la giurisdizione di questo tribunale: per questo non diamo il consenso a questo procedimento”, ha detto l’uomo, Vito C., parlando anche a nome della compagna, Elena P., subito prima dalla sentenza nel processo che li vedeva entrambi imputati. I due, infatti, aderiscono a “Popolo unico”, un movimento attivo su internet e che non riconosce l’autorità dello Stato e le sue leggi.

Tutto era cominciato lo scorso 11 maggio, quando la coppia – 53 anni lui, 49 lei – aveva rapito fuori da scuola, a Torino, il figlio di sette anni, che nel frattempo era stato affidato a una comunità dal Tribunale dei Minori, oltre ad aver tentato di ripetere l’azione anche con uno dei fratellini in classe. Erano stati giudicati entrambi incapaci di esercitare la responsabilità genitoriale e quindi il bimbo – uno dei sette della coppia, tre dei quali all’epoca già maggiorenni – era stato affidato a una comunità. Così, dopo questi fatti, il successivo 14 maggio i due erano stati arrestati dalla polizia.

Ora, a quasi dieci mesi di distanza dall’accaduto, è arrivata la condanna a 5 anni e due mesi di reclusione. Gli imputati dovranno anche risarcire tre figli minori, rappresentati dall’avvocato Anna Ronfani, con una provvisionale di 10mila euro ciascuno. L’avvocato della donna, Alessio Michele Soldano, sottolinea che “il tribunale ha accolto la mia tesi difensiva per cui nel furto è ladro sia chi ruba sia chi tiene il sacco”. Il difensore dell’uomo, l’avvocato Bruno Solfietti, preannuncia il ricorso in appello insieme al collega.

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