Telefoni cellulari, computer, agende, pen drive, hardware, dispositivi magnetici. C’erano proprio tutti gli attrezzi del mestiere tra il materiale sequestrato, a settembre dello scorso anno, dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, al giornalista del quotidiano L’Ora della Calabria, Consolato Minniti, capo servizio nella redazione della città dello Stretto. A distanza di quasi un anno una sentenza della VI Sezione Penale della Corte di Cassazione, accogliendo i motivi di ricorso elaborato dall’avvocato Aurelio Chizzoniti, in difesa dell’ex direttore dell’Ora Piero Sansonetti, e dello stesso Minniti, ha annullato senza rinvio la decisione della Procura, restituendo al giornalista tutto il materiale posto sotto sequestro.
Una vittoria dell’articolo 21 della Costituzione che sancisce il diritto alla libertà di stampa, e dell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo volto a tutelare la libertà d’espressione.
I motivi del sequestro risalgono alla pubblicazione di un articolo, da parte dell’Ora della Calabria, lo scorso 12 settembre 2013, con il quale Consolato Minniti informava di una riunione riservata tenutasi a Roma presso la sede della Direziona Nazionale Antimafia relativa a un approfondimento sullo status investigativo afferente le stragi di mafia, preannunciando, alla fine del pezzo, un altro articolo sull’argomento. Il tentativo di individuare la fonte genetica dell’informazione riservatissima ha indotto la Procura a sequestrare il materiale.
Appellandosi al “ruolo delicatissimo dell’informazione tutelato sul versante costituzionale dall’articolo 21 e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della salvaguardia della libertà fondamentale (art. 10)”, l’avvocato Chizzoniti ha anche sottolineato l’ importanza degli strumenti posseduti dal giornalista, necessari all’esercizio della professione, ribadendo che “il modo di procedere degli investigatori ha messo in essere una ricerca esplorativa fuori da ogni controllo”.
Samantha De Martin