A poche ore dalla riunione della direzione del Pd, che avverrà questo pomeriggio, Renzi non fa concessioni su Job act e articolo 18: con questa linea, tra le varie anime del partito, il dissenso arriverebbe al 30% dei suoi componenti. “La strada è molto stretta”, ammette l’ex segretario Pier Luigi Bersani, che invita il suo segretario ad evitare aut aut.
Ieri Civati non escludeva l’eventualità di una scissione, mentre dalle pagine del Corriere della Sera, Massimo D’Alema evidenziava una certa ambiguità politica del premier che, al dialogo col proprio partito, preferirebbe quello con la parte avversa di Berlusconi e Verdini.
Renzi incassa senza scomporsi e liquida l’attacco con una battuta : “D’Alema non me lo perdo mai” mentre “a Bersani, a cui oggi farò gli auguri perché è il suo compleanno, dico che la ditta è sempre la ditta anche se non guida lui”.
Renzi sembra insomma intenzionato a continuare con la linea della fermezza: “non tratto con la minoranza del partito ma con i lavoratori” – dice ieri nella trasmissione di Fabio Fazio – e ribadisce la sua intransigenza per una sinistra “opportunista e inchiodata al 25%”, che fa dell’articolo 18 una “battaglia ideologica”.
Una stoccata la rivolge anche ai sindacati: “Le uniche aziende al di sopra dei 15 dipendenti che non hanno l’articolo sono loro – dice il premier – che poi ci vengono a fare la lezione”.
Questa mattina Cgil, Cisl e Uil si sono riuniti per concordare una strategia comune sulla riforma del lavoro. Per il momento i sindacati sembrano in attesa di sviluppi, l’unica posizione netta è quella della Cgil che preannuncia lo sciopero generale nel caso in cui dovesse esserci un’accelerazione del governo con un decreto, come auspicato dal ministro Angelino Alfano.
Tutti i segnali lasciano intendere che stasera le correnti dissidenti usciranno a mani vuote dall’incontro di direzione. Se non si arriverà ad un intesa nelle prossime ore, infatti, l’incontro potrebbe limitarsi ad una conta di voti il cui verdetto in favore di Renzi è già scritto. La rivincita potrebbe però arrivare a breve in senato, dove la maggioranza ha solo sette voti di vantaggio.Se Renzi dovesse procedere attraverso un’intesa con le destre, ammonisce Chiti, “ne seguirebbe una lacerazione grave per il Pd, il governo, il Paese”.
Raffaele Sardella