TEL AVIV – Torna in Israele il segretario di Stato americano Antony Blinken, al lavoro da giorni per scongiurare l’allargamento del conflitto nella regione. Dopo aver fatto tappa in Qatar, Bahrain e Arabia Saudita, domenica ha incontrato in Egitto il presidente Abdel Fattah al-Sisi. Con cui ha accordato l’apertura del valico di Rafah, per far passare gli aiuti umanitari e consentire ai circa 600 americani presenti nella Striscia di Gaza di uscire dall’inferno che sta infiammando quei territori.
A proposito del ricollocamento degli abitanti di Gaza nella penisola del Sinai proposto da Israele, Blinken ha dichiarato ad Al-Arabiya di aver “sentito direttamente dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas e da praticamente tutti gli altri leader con cui ho parlato nella regione che quest’idea è fallita in partenza e quindi non la sosteniamo”. Washington vorrebbe che i palestinesi restassero a Gaza, assicurando che “siano fuori pericolo e che ricevano l’assistenza di cui hanno bisogno”, ha aggiunto il segretario.
La possibile visita di Biden in Israele
Funzionari statunitensi e israeliani starebbero discutendo la possibilità di una prossima visita del presidente americano Joe Biden su invito del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, secondo quanto riportato da alcune fonti tra cui Reuters, Axios e Cnn.
Intervenendo al programma “60 Minutes” della Cbs, Biden ha dichiarato che un’occupazione israeliana di Gaza sarebbe “un grosso errore”, aggiungendo che Hamas non rappresenta tutti i palestinesi. Per il presidente Hamas deve essere completamente eliminata, ma che al contempo deve essere percorsa la strada che porti all’istituzione di uno Stato palestinese.
L’Iran minaccia Israele
Sul ruolo dell’Iran, Biden ha affermato che non ci sono “prove chiare” del suo coinvolgimento nell’attacco di Hamas contro Israele.
D’altra parte, il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian ha dichiarato ad Al-Jazeera che in caso di ingresso delle forze israeliane nella Striscia di Gaza “i leader della resistenza trasformeranno le forze di occupazione in un camposanto” e gli Stati Uniti subiranno “danni significativi”. A rispondere alla minaccia è il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan, che, in un’intervista alla Cbs, ha espresso preoccupazione per “il rischio di escalation di questo conflitto, dell’apertura di un secondo fronte nel nord e ovviamente del coinvolgimento dell’Iran”. Sullivan ha dichiarato: “Dobbiamo prepararci a ogni evenienza”.
Pechino: “La priorità è cessare il fuoco”
Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha incontrato il suo omologo russo Serghei Lavrov a Pechino. Durante l’incontro, il funzionario cinese ha dichiarato: “La priorità assoluta è cessare il fuoco e porre fine alla guerra, spingere entrambe le parti a tornare al tavolo dei negoziati, stabilire i canali di soccorso umanitario di emergenza e prevenire maggiori disastri umanitari”.
Viene così meno la sbandierata neutralità cinese: Pechino cerca infatti di giocare un ruolo di “equo pacificatore” nella regione, segnalando al contempo la volontà di sostenere i palestinesi. Aumentano le critiche contro Israele mentre si conferma il sostegno ai Paesi islamici nel rafforzare l’unità e il coordinamento sulla questione palestinese.
Scholz in Israele
Al lavoro anche la diplomazia tedesca: dopo la visita della settimana scorsa della ministra degli Esteri Annalena Baerbock, anche il cancelliere Olaf Scholz si recherà in Israele.
Dopo l’esplosione del conflitto Scholz aveva affermato, in un discorso al parlamento tedesco, che “il solo posto dove stare in questo momento, per la Germania, è al fianco di Israele”.
La mediazione della Santa Sede
La Santa Sede ha offerto, tramite il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin, la sua mediazione per il rilascio degli ostaggi trattenuti da Hamas. Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca della Terra Santa, ha affermato, durante un incontro con la stampa organizzato dalla Università della Santa Croce, di essere disposto a offrirsi personalmente per negoziare con Hamas: “Farei qualsiasi cosa pur di portare alla libertà quei bambini”, ha dichiarato.
Tuttavia, il cardinale ha anche sottolineato la difficoltà di instaurare un dialogo con i sequestratori: “Per avviare una mediazione bisogna almeno avere interlocutori ed è difficile in questo momento. Con Hamas non si riesce a parlare”.
La scia dell’odio in Usa e Francia
Quanto sta accadendo in Israele alimenta l’odio anche in altre parti del mondo. In Illinois, Stati Uniti, un uomo di 71 anni ha pugnalato a morte un bambino di 6 anni e ferito gravemente la mamma, perché musulmani.
In Francia resta alta la tensione: la scuola dove venerdì è stato ucciso un professore in un attentato di matrice jihadista è stata evacuata per un’allerta bomba.