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Diffamazione, politica vs stampa. Arriva oggi al Senato la legge salva-Sallusti

di Claudio Paudice24 Ottobre 2012
24 Ottobre 2012

Se dovesse essere approvato, vigerebbe una bavagliocrazia. Il disegno di legge sulla diffamazione, che arriva oggi in aula al Senato, sta suscitando polemiche e proteste. Come quella di ieri, organizzata dalla Federazione Nazionale della Stampa e dall’Unione Cronisti Italiani al Pantheon a Roma. Sembra essere tornati indietro di due anni, quando il fantasma del bavaglio fece tremare il mondo della stampa. Via Berlusconi e arrivato Monti con la sua squadra di tecnici, la paura non è ancora alle spalle. «Ha un sapore fascista, una sorta di minaccia preventiva nei confronti della libertà di stampa» dice Franco Siddi, segretario della Fnsi, anche lui sceso in piazza. In caso di diffamazione a mezzo stampa, con l’aggravante dell’attribuzione di un fatto determinato, si applicherebbe una pena da 5mila a100mila euro. Se poi il giornalista ha commesso un reato simile negli ultimi due anni, la pena raddoppia. Se c’è la rettifica la multa diminuisce, se manca aumenta. Si aggiunge poi il risarcimento danni, non meno di 30mila euro. Ma non finisce qui, ci sono le pene accessorie. Come la sospensione dalla professione e comunque dall’attività di giornalista per un periodo da uno a sei mesi e, in caso di recidiva, da sei mesi a un anno e da uno a tre anni. Senza passare dall’ordine dei giornalisti, che a questo punto sarebbe svuotato di ogni funzione di vigilanza. Meglio farsi la galera, dice Roberto Natale, presidente del sindacato della stampa. E forse non ha tutti i torti. Perché, per salvare Alessandro Sallusti dal carcere, i politici vorrebbero in cambio far le scarpe ai giornalisti. Loro, i politici, che del bavaglio avrebbero  spesso bisogno, non hanno peli sulla lingua quando si tratta di diffamazione.

Ma il centrodestra difende la legge. «Questa legge nasce anche per rivalsa contro la mancata riforma sulle intercettazioni – afferma senza remore l’ex ministro Andrea Ronchi – diciamo la verità: quante conversazioni inutili, superflue sono state pubblicate in questi anni e che hanno fatto davvero male alle persone coinvolte?». Maurizio Paniz (Pdl) è più emotivo: «La reputazione di una persona diffamata vale più di una mela. Ma io non sono critico solo con i giornalisti che diffamano, ma anche con i colleghi che non fanno bene il loro lavoro». Marcello de Angelis invece rincara la dose: «Io arresterei tutti i giornalisti che diffamano. Oggi il giornalismo è una clava per demolire». De Angelis, direttore del Secolo d’Italia, un giornalista quindi. Enzo Carra, deputato Udc, parla proprio di odio per la stampa: «Qui tutti vorrebbero il carcere per i giornalisti. L’odio è per il loro strapotere di sputtanarti senza pagare». Poi si giustifica: «Io sono giornalista e qui tutti hanno i giornalisti sulle scatole. Ma io non potrei stare sulle scatole a me stesso».

«Solo l’inizio delle proteste». Il ddl arriva oggi in aula e potrà quindi subire variazioni. Anna Finocchiaro del Partito Democratico apre uno spiraglio di speranza: «Il testo va corretto in parti non marginali, ci è richiesto un altro sforzo di trovare un equilibrio». Ma la sensazione che si avverte è quella di una vendetta nei confronti dei giornalisti. Enzo Iacopino considera la legge «una pistola alla nuca». Le associazioni di categoria tengono alta la guardia, e il sit-in di ieri in piazza del Pantheon è solo l’inizio di una protesta che, promettono, sarà ostinata. Il rischio infatti è che per salvare Sallusti si ammazzi la libertà di stampa.

                                                                                                  Claudio Paudice

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