Il 22 ottobre di dieci anni fa Stefano Cucchi moriva all’ospedale Sandro Pertini. Da quel giorno si sono susseguiti otto processi, escluso quello che sta per prendere il via, ma ancora non c’è chiarezza sulla morte del giovane.
Il quadro è certamente cambiato dopo le deposizioni del militare Francesco Tedesco, testimone oculare del pestaggio subìto da Stefano.
Cucchi, geometra romano, venne fermato il 15 ottobre del 2009 dai carabinieri Francesco Tedesco, Gabriele Aristodemo, Raffaele D’Alessandro, Alessio Di Bernardo e Gaetano Bazzicalupo. Gli uomini dell’Arma avevano visto Cucchi consegnare a Emanuele Mancini delle confezioni trasparenti in cambio di una banconota e per questo lo avevano portato in caserma.
Soltanto nell’ottobre dello scorso anno il pm Giovanni Musarò diede una svolta alle indagini, in particolare dopo l’audizione di Tedesco, durante la quale vennero accusati i colleghi D’Alessandro e Di Berardo. Il filone investigativo venne riaperto grazie alle parole di un altro carabiniere, Riccardo Casamassina, tra i primi a parlare di pestaggio in merito al caso Cucchi.
Il geometra romano morì senza aver mai rivisto i familiari. A lungo i parenti cercarono di incontrarlo, ma le loro richieste non vennero esaudite. Al momento della morte pesava 37 chili, con il corpo coperto di lividi. La sorella e i genitori seppero del decesso solo quando un ufficiale giudiziario li incontrò per notificare l’autorizzazione per procedere all’autopsia.
La prossima udienza è fissata per il 12 novembre 2019, mentre è attesa per il 14 novembre la sentenza del processo bis per omicidio preterintenzionale e quella d’appello ai cinque medici dell’ospedale Pertini per omicidio colposo.