Luigi Di Gregorio è professore di Scienza Politica presso l’Università della Tuscia di Viterbo.
Reputa esportabile il semipresidenzialismo francese?
“In Italia questo dibattito va avanti da Tangentopoli: con la transizione al maggioritario del ‘93 si è iniziato a parlare di modifica della forma di governo. L’elezione diretta del presidente della Repubblica è in linea con le forme di governo occidentali, così come lo è l’attuale tendenza alla personalizzazione della politica. I partiti di massa e le ideologie novecentesche hanno ormai perso rilievo. Oggi, il partito pesa meno del leader, che ne diventa brand. Abbiamo iniziato a eleggere i sindaci e i presidenti di regione, in epoca recente, proprio seguendo questo trend. Quindi è abbastanza logico che in futuro si convergerà verso l’elezione diretta, così come è avvenuto a livello locale. Secondo me c’è fatica a farlo a livello nazionale per un retaggio storico, l’eredità del Ventennio fascista”.
Per introdurre una forma di governo semipresidenziale è necessario modificare la legge elettorale?
“Sicuramente sì. Il semipresidenzialismo francese è legato a doppio filo con il sistema elettorale. Per vincere serve la maggioranza assoluta, come avviene nei comuni con più di 15mila abitanti. Ciò comporta che se un partito o movimento estremista vince al primo turno senza ottenere la maggioranza assoluta, al secondo turno perde, grazie alla convergenza dei partiti sull’altro candidato. Questa è una forma di garanzia, in un sistema che è congegnato proprio per evitare la vittoria dei partiti estremisti”.
In Italia è esportabile un sistema elettorale simile a quello francese?
“Parliamo di un tema in agenda da oltre 20 anni e quindi lo definirei ciclico. In questo momento, mi pare molto difficile visto che siamo alle prese con una campagna elettorale che sta per chiudersi sulla scia del fascismo e dell’antifascismo. Sarà possibile quando ci sarà una pacificazione culturale tra destra e sinistra”.
La riduzione del numero dei parlamentari potrebbe invogliare una riforma della forma di governo?
“Secondo me cambierà il sistema elettorale, perché immagino che la riforma del numero dei parlamentari spingerà a una legge che dia più spazio al proporzionalismo. Il rischio di un sistema elettorale misto o maggioritario è quello di non dare rappresentanza a parti della popolazione”.